E’ da tempo che l’aria europea è satura della polemica che riguarda i controlli alle frontiere. L’Italia, qualche settimana fa, aveva minacciato di uscire da Schengen se l’Europa non l’avesse aiutata a controllare l’emergenza degli sbarchi a Lampedusa.
Si sa come i politici italiani (nella fattispecie si era trattato del ministro Maroni) abbiano una vera passione per lo show, per le dichiarazioni plateali, come siano bravi a fare chiasso ma poi è raro che realmente portino a compimento i loro proclami.
La Danimarca invece ha sorpreso tutti: senza sprecare tante parole, senza nemmeno attendere di avere il permesso da Bruxelles, ieri ha statuito che entro tre settimane saranno ripristinati i controlli alle frontiere con la Germania e con la Svezia, confini interni all’Unione Europea potenziati con strumenti elettronici all’avanguardia. Alla faccia del Trattato di Schengen.
A pressare il governo di Copenhagen è stato il Partito del popolo danese, formazione definita xenofoba e pilastro della maggioranza in Parlamento.
In quello che era considerato il paese europeo più tollerante verso gli extra comunitari si fa strada la necessità di arginare l’immigrazione illegale e la conseguente infiltrazione della criminalità organizzata.
Si sa che all’interno dell’Unione europea i problemi non mancano: la decisione del governo danese fa ulteriormente vacillare un edificio malconcio.
Sgomento e sconcerto assaliranno sicuramente l’Italia, la quale vedrà nella decisione di Copenhagen “l’assoluto menefreghismo dell’Europa del Nord” per i paesi dell’Europa del Sud, minacciati dall’invasione dei migranti nord africani.
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I danesi sono un popoloconlepalle. Non hanno l'EURO e dell'Europa se ne impippano con i fatti. Vivono come meglio pare loro e soprattutto uno come Dick Marty lo mandano a vendere statuette raffiguranti la sirenetta della capitale.
Com'è che si chiama? Partito del popolo danese? Buono a sapersi.
Forse anche semplicemente perché in Danimarca, l'opposizione è più costruttiva e onesta di quella italiana, impegnata soltanto a distruggere e a non lasciar governare chi è stato infine designato dai cittadini per farlo.