Finalmente almeno una parte di quel 98% del popolo americano non direttamente o indirettamente coinvolto negli affari loschi e disastrati del mondo della finanza si è messa in marcia.
Occupy Wall Street, Occupy Boston, Occupy Chicago, Occupy Together … Il popolino “branco di pecore” più grande del mondo, vittima da sempre di un brutale oligopolio mascherato da “più grande democrazia del mondo” ha dato segnali di vita.
A Wallstreet, cuore della più arrogante speculazione, da metà settembre centinaia di persone stanno manifestando con vigore, coraggio e determinazione, prendendo il buon esempio dagli indignados spagnoli, dagli italiani, dai tedeschi e dagli altri europei che prima di loro sono scesi nelle strade per denunciare che le cose, così come sono messe, non vanno più bene.
Prima di loro si erano mossi i popoli di Tunisia, Egitto, Algeria, Libia, Marocco, Yemen, Bahrein, Siria. Marce tragiche soffocate nel sangue e solo in alcuni casi portatrici di venti di libertà, come in Tunisia, in Egitto, in Libia, parzialmente in Marocco. Un grande esempio di desiderio di libertà!
Malgrado le differenti tipologie delle rispettive proteste, questi paesi hanno un fattore comune, ossia governi che anziché agire con responsabilità, abusano, più o meno gravemente, del potere ricevuto dal popolo.
Tornando all’Occidente, economia globale è una terminologia coniata per tradire una volta in più la fiducia. Invece di un mondo nel quale tutti stanno meglio, ci si trova con i potenti a saccheggiare le piccole fette della torta di chi già vive con il minimo. E il tutto si trasforma in disastro globale.
La causa scatenante è la crisi che avanza a macchia d’olio, con le sue componenti economiche nel tema dell’occupazione, della retribuzione e degli aiuti, le componenti sociali con i vari flagelli di emarginazione, sfruttamento, insicurezza e violenze, senza tralasciare le componenti ambientali con disastri sempre maggiori e sempre più occultati.
Il movimento Occupy Wallstreet dovrebbe giungere a generare un effetto boomerang, ossia a fare in modo che la protesta rimbalzi nuovamente in Europa e dia luogo, nel continente, a nuove manifestazioni di piazza, per chiedere ai governi di occuparsi del popolo e abbandonare follie economiche suicide.
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Tito Tettamanti chiude giustamente la sua intervista con:
"...tenuto conto del grave conflitto d’interessi ormai creatosi nella democrazia rappresentativa tra la casta politica e i cittadini"
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