Tra quei blocchi di felpe nere che avanzavano a falange, sotto quei cappucci che coprivano i volti,
sotto i caschi integrali, spuntavano a decine code di cavallo, mani affusolate, corpi inequivocabilmente giovani e femminili. Qualcuno se lo aspettava?
Certo non i politici, asserragliati da tempo nel palazzo da dove dicono di governare il paese, certo non l’italiano medio inebetito da talk show, giochi a premio, festival “culturali” e canori. Forse qualcosa immaginavano le truppe d’italiani di serie B, gli emarginati o i cosiddetti “innominabili”, quelli democraticamente ignorati perché parlarne fa male all’immagine della nazione. Forse si aspettavano qualcosa di simile le famiglie dove queste ragazze “cattive” sono cresciute non come bambole perfette, aspiranti veline ma pronte a spostare cassonetti, scavalcare transenne, dare alle fiamme macchine, scaraventare estintori, picchiare rischiando di essere picchiate.
E’ una parte dell’Italia nascosta che ogni tanto riemerge per ricordare che ha sempre pagato per tutti, non crede più a nulla e nessuno; avvisa che le passeggiate, le urla di protesta sono finite perché dopo resta tutto come prima, peggio di prima.
Può non essere un passo avanti e non è quello che ci piace, ma il segnale è lampante: Se le cose vanno avanti così, dimenticatevi le ragazze con un fiore in bocca e abituatevi a non vederle più in faccia.
Carlo Curti, Lugano
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