Alla vigilia di combattute elezioni comunali il vice sindaco di Muralto on. Claudio Franscella, leader della neocostituita formazione “Alleanza democratica”, si esprime sul suo contrasto politico con il sindaco dr. Stefano Gilardi e sulle prospettive politiche del nuovo gruppo.
L’intervista è curata per TicinoLive da Francesco De Maria.
Francesco De Maria: On. Claudio Franscella, può spiegare brevemente a un sottocenerino poco informato che cosa è successo nella politica comunale di Muralto durante l’ultima legislatura?
Claudio Franscella: In questa legislatura si è lavorato su diversi progetti interessanti, di cui molti hanno visto la luce: ad esempio, il piano particolareggiato del Grand Hotel, quello dell’importante comparto delle FFS, la ristrutturazione delle scuole, il potenziamento dell’illuminazione natalizia, il rinnovo del campo da Basket “La Monda”, il parco giochi al Burbaglio, il rifacimento della via San Gottardo (importante cantiere che sta per essere avviato), i diversi interventi a favore dei più deboli o degli anziani, il potenziamento del corpo di polizia, il sistema di videosorveglianza e l’istituzione di un posto di polizia alla stazione per primi interventi e interrogatori.
Altri importanti progetti, come il centro socio residenziale e la centrale termica, sono ancora in fase di approfondimento, mentre uno- la centrale di polizia- è stato bocciato.
Un bilancio tutto sommato, a mio giudizio, positivo: si è lavorato con una certa intensità e con profitto.
Il suo contrasto con il sindaco dr. Gilardi è sotto gli occhi di tutti. Quando è nato? Tale contrasto si riflette anche sui rapporti personali?
CF: Vi sono, tra me e il sindaco, sicuramente delle diversità di vedute su alcune tematiche di fondo. Ma questo, a mio giudizio, in politica può anche succedere e non giustifica un’esclusione dalla lista, come è avvenuta in questo caso.
Infatti di dualismi in Ticino all’interno dei partiti ne è piena la storia, anche quella recente. In tutti questi casi si è però sempre lasciato il giudizio finale al popolo.
Rimango comunque convinto che il confronto interno sulle idee possa diventare un arricchimento, un “atout” per il partito stesso e non un motivo di divisione o un handicap. E’ però necessario che queste situazioni siano ben gestite. E forse qui sta il vero problema.
Se uno volesse ridurre il particolare momento politico che vive il suo comune alla sfida tra un affermato “padre padrone” e un ambizioso “nuovo rampante” andrebbe lontano dal segno?
CF: Mi sembra un po’ riduttivo ma magari, in parte, si può pure condividere. Ad ogni modo, e parlo per me, il “nuovo rampante” ha alle spalle un quadriennio quale sindaco (a Lavertezzo), 8 anni quale vicesindaco (a Muralto) e 8 anni quale Granconsigliere.
La divergenza politica tra lei e il Sindaco è molto ampia oppure si è concentrata solo sul problema dell’aggregazione a Locarno?
CF: Vi sono stati alcuni momenti di “frizione” durante il quadriennio. In particolare sul tema delle aggregazioni, dove io ho avuto con trasparenza una posizione favorevole (dettata soprattutto da una visione a medio lungo termine più regionale e cantonale e non sicuramente contro gli interessi dei Muraltesi).
Una posizione che era in netto contrasto con quella del sindaco e della maggioranza del Gruppo sezionale di Ordine e Progresso, ma in linea con il mio partito cantonale (PPD).
Vi è pure stato il contrasto sulla trasformazione della casa Ex Tamagni in centrale di polizia. Un progetto portato avanti dal mio dicastero ma combattuto sino all’ultimo dal sindaco e i suo seguaci.
Per finire poi al tentativo di ballottaggio di quattro anni fa che sicuramente ha dato fastidio.
Devo però qui chiarire il fatto: questa proposta uscì spontaneamente da molti cittadini che letteralmente mi trascinarono in questo tentativo, in quanto indispettiti da una campagna elettorale interna molto violenta contro la mia persona.
Decisi però di non dare seguito a questa proposta per diversi motivi, tra cui quello di non voler “dividere” oltre misura.
Ha trovato facilmente le persone che le servivano per comporre la sua lista?
CF: Non è mai facile comporre una lista, soprattutto una lista mista. Ad ogni modo su Alleanza Democratica (lista composta da diverse forze politiche ben distinte: PPD, PLR, Muralto Viva e Indipendenti) mi seguiranno anche diverse amiche e amici popolari democratici.
Una soluzione impensabile sino a qualche settimana fa che si è realizzata spontaneamente in pochi giorni.
Giudica buone, ottime o incerte le sue probabilità di essere eletto? Se eletto, lotterà per la poltrona di sindaco?
CF: Facciamo un passo alla volta. Intanto sono molto felice di avere di nuovo la possibilità di presentarmi all’elettorato. In fondo era quello che volevo. Ora mi impegnerò, assieme ai miei compagni di lista, per ottenere il miglior risultato possibile, poi vedremo.
Lei non pensa, con la sua lista civica, di potere eventualmente danneggiare il partito?
CF: La mia non è una lista civica, semmai è una lista mista in cui convivono diverse realtà politiche ben distinte.
Credo che il PPD (che in Ordine e Progresso si è un po’ “annacquato”) su questa lista potrà ben distinguersi e ripartire, mi auguro, con uno slancio rinnovato.
Il presidente del PPD avv. Giovanni Jelmini si è espresso pubblicamente sul “caso Muralto”, proponendosi anche come “pacificatore”. Se ha effettivamente tentato di mettere pace tra i litiganti, come mai non è riuscito nel suo intento?
CF: Io avevo dato la mia disponibilità alla direttiva del partito sezionale a voler guardare avanti con uno spirito di gruppo rinnovato, dall’altra parte però non c’era questa volontà.
Il presidente cantonale non aveva quindi oggettivamente un grande spazio di manovra.
Infine, come ha organizzato la sua campagna e il suo staff? Sarà una campagna dispendiosa o economica?
CF: All’interno del gruppo c’è molto entusiasmo e voglia di far bene. Ci sono quindi le premesse per affrontare al meglio quest’ avventura elettorale. Il resto seguirà.
Ora non mi resta che formulare l’augurio tradizionale: che vinca il migliore!
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Se la contesa è leale, ....che vinca il migliore.
Non mi sembra sotto questo aspetto che l'attuale "padrino" (capo del villaggio) sia ben posizionato.
Ottima intervista,......forza Claudio.
Secondo me questo confronto è un classico
(come d'altronde si dice nell'intervista).
Il "vecchio potere"... contro il "nuovo che avanza".
"... il nuovo che avanza." ?
Caro Jack sei troppo ROMANTICO.
Non ci saranno ne vinti ne vincitori. Sono già entrambi PERDENTI!
E i cittadini di Muralto si ritroveranno con un municipio litigioso.
"Per finire poi al tentativo di ballottaggio di quattro anni fa che sicuramente ha dato fastidio. Devo però qui chiarire il fatto: questa proposta uscì spontaneamente da molti cittadini che letteralmente mi trascinarono in questo tentativo, in quanto indispettiti da una campagna elettorale interna molto violenta contro la mia persona. Decisi però di non dare seguito a questa proposta per diversi motivi, tra cui quello di non voler “dividere” oltre misura."
Questo, direi, è un elemento interessante, che può spiegare molte cose.
"Du nos in d'un sacc e du gall in d'un pulée fann un gran ciass".
Forse TicinoLive dovrebbe dare la parola anche al Sindaco,
non ti pare?
Direi di si, mi sembra giusto. A rischio e pericolo del prof. De Maria.
Che cosa potrebbe succedergli di male?
Mah! Devo essere sincero. Io non mi riconosco in questo tipo di democrazia : sono per una democrazia "pura", dove le cariche pubbliche siano ricoperte a turno da cittadini estratti a sorte e il POTERE sia interamente delegato ad un' ASSEMBLEA POPOLARE rispettosa, in ogni sua decisione, della proprietà privata di tutti i cittadini del Comune. Non capisco perché, per partecipare alla vita pubblica di un Comune, si debba per forza indossar ela casacca di un partito o stringere sacre alleanze interpartitiche.
È crosta vecchia: NON HA FUTURO.
Nel Cantone è tutto un proliferare di liste civiche, composte da persone che non accettano più i lacci dei partiti.
Ecco però un'idea veramente innovativa.
La rappresentanza degli interessi comuni (ma esisteranno ancora ?) affidata al bussolotto, magari truccato. :roll:
Cos'è 'sta roba, dico, un altro "comandamento" della scuola austriaca ?
:lol: :mrgreen: :lol: :mrgreen: :lol: :mrgreen:
Non saranno i Priori di Firenze?
No, è buon senso: è il sistema adottato dalla Serenissima e dalla Repubblica di Siena. Che non si possa governare nella concordia civica è una favola delle moderne "democrazie". Si considerano un punto di arrivo della civiltà umana, invece sono la sua tomba.
..un sistema talmente perfetto che portò la Repubblica di Siena in progressiva decadenza finchè si arrese...al nemico. :lol: :lol: :lol: :lol:
Ma almeno un (dico UNO) grande Senese è rimasto!
Vero. Peccato che abbia idee un po' bislacche. :lol:
È un originale, lo sai.
Per tornare al tema io rimango un estimatore di Franscella (anche se è un orecchiuto).
Era un amico della cara Flipper, lo sai ? :cry:
La tua frase dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, come può essere stravolta la storia quando la si studia sul Bignami o su Wikipedia.
Mi sono rimaste tre copie del libro "IL PALIO (o della libertà)", scritto da Massimo Aurigi, contradaiolo dell'Onda. Lo spedisco GRATUITAMENTE a chi si annuncia all'indirizzo mail corto@ticino. com lasciando il suo indirizzo, quindi anche a te se mi scrivi dove spedirtelo. Così potrai capire di cosa parli quando parli di Siena. E lo farai con maggior amore per la verità storica e rispetto per la città.
Ho incontrato per la prima volta Mauro presso il bar IL PALIO, prospiciente allo splendido anfiteatro di PIAZZA DEL CAMPO a Siena, presente la consorte Anna, la cui simpatia era la miglior garanzia perché un possibile scontro “intellettuale” tra senesi (io liberista, lui con un passato di uomo di sinistra) non assumesse i contorni di una rissa tra contrade nemiche.
Mi ha fatto dono del suo libro “IL PALIO (o della libertà)” invitandomi a leggere subito la dedica che vi aveva apposto di suo pugno: “A Rivo, affinché non scordi mai che non si sa dove andare se non si sa da dove si viene. Mauro 16-XII-2009”.
Era come dire: se non sai cosa significa essere senese neanche si comincia.
Ho contraccambiato facendogli dono del libro di Francesco Carbone: “Prevedibile e Inevitabile (La Crisi dell’Interventismo. Le cause del disastro e i Rimedi Possibili)”. Portava già una dedica di Francesco, il motto ufficiale del Ludwig von Mises Institute: “Tu ne cede malis sed contra audentior ito”. Questa frase, citata spesso dallo stesso Mises e tratta dall’Eneide di Virgilio, significa: “Non lasciarti opprimere dalle calamità, ma va loro incontro coraggiosamente”. Non ho avuto l’ardire di apporre un’altra dedica, tanto, quella di Francesco, mi era sembrata bella.
Solo alla fine dello straordinario excursus storico di Mauro sulla Repubblica senese, che, con entusiasmo coinvolgente, mi ha scaraventato addosso, quasi per “scrostare”, senza troppi convenevoli, il mio recondito DNA di senese da ogni possibile accumulo di “modernità”, ho capito che il motto di Mises non era fuori tema, neppure per questa occasione.
Chi, più dei senesi, era andato coraggiosamente incontro alle calamità, quando avevano deciso di opporsi alla “superpotenza” di allora, la Spagna di Carlo V, per amore della libertà?
Mauro lo racconta, con incedere coinvolgente e dovizia di particolari, nel suo libro “IL PALIO (o della libertà)”:
“Raccolto intorno alla chiesa che si era costruita a proprie spese e che era centro sociale più che religioso, ogni “popolo”, oltre che rappresentare una suddivisione amministrativa del Comune, doveva costituire una compagnia militare per partecipare, nel momento del bisogno, alla difesa della città. La compagnia militare era dunque un organismo territoriale. Ed ogni cittadino maschio di quel popolo, solitamente dai quindici ai settanta anni, senza eccezioni (religiosi inclusi) era tenuto a parteciparvi. Come ancor oggi in Svizzera”.
“Tutto cominciò la notte tra il 27 e il 28 luglio 1552, quando un gruppo di fuoriusciti senesi, antispagnoli e antimedicei (il partito della libertà, da cui il nome di libertini ai suoi aderenti), grazie ad alcuni cittadini che dall’interno avevano aggredito la guardia a Porta Tufi, riuscì ad entrare in Città facendo scattare la scintilla che, partendo dalla Contrada della Tartuca, accese gli animi di tutto il popolo, da tempo esasperato per la lunga e oltraggiosa presenza armata di Spagnoli e Fiorentini e soprattutto per la costruzione da questi intrapresa di una fortezza alla Lizza, cosa che ormai aveva reso chiaro come non più di alleanza si trattasse, ma di dominazione”
La guerra contro Carlo V che ne seguì, sfociata, dopo tre anni di assedio, nella caduta di Siena il 21 aprile 1555, lasciò la città stremata.
“Dei 30-40.000 abitanti originari solo seimila erano ancora vivi, seimila poveri esseri fiaccati dai patimenti e dalle privazioni: tutti gli altri avevano preferito morire di ferro, fuoco e soprattutto fame, piuttosto che rinunciare alla libertà e vedere la Città umiliata”
Eppure, nonostante questo disastro, duemila senesi trovarono ancora la forza di rifugiarsi in Montalcino, dove continuarono a inalberare la bandiera senese e a battere moneta.
“Altri quattro anni di spaventoso assedio e non si sa come sarebbe finita - perché anche l’esercito assediante era allo stremo e aveva ormai le casse vuote - se nel 1559, a Cateau Cambrésis, Spagna e Francia non avessero fatto la pace e, ignorando la delegazione senese inviata per un ultimo disperato tentativo, non avessero decretato la soppressione della piccola coraggiosa Repubblica. A questo punto, persa ogni speranza, anche Montalcino cedette: con la Spagna da sola ci si poteva ancora continuare a confrontare, ma Spagna e Francia alleate erano troppo anche per gente cazzuta come i senesi. Piegati non dalle armi né dal terrore, ma dalla ragion di Stato delle diplomazie internazionale, gli ultimi repubblicani si arresero. Era il 31 luglio 1559. Così cadde l’ultimo comune popolare italiano, così finì la civiltà comunale. Stranamente (ma perché stranamente?) quell’evento è passato sotto silenzio dagli storici italiani, troppo impegnati a magnificare la grandezza dei Medici. Non così gli storici inglesi, convinti che i senesi abbiano allora riscattato da soli il vergognoso comportamento di tutti gli altri Italiani davanti agli Spagnoli.”
Come ciò sia stato possibile, per una piccola Repubblica come quella senese, pressata tra i confini settentrionali con la potentissima, aggressiva e odiata Fiorenza, che quasi lambivano le mura cittadine, e le lontane terre dell’Amiata e dell’Argentario, isola del Giglio compresa, confinanti con il potente Stato del Papa, sfugge alla perspicacia dei più.
“... una risposta giusta non riescono a darsela neanche gli osservatori italiani più attenti (pochi in realtà, rispetto alla grande e distratta ufficialità), quelli che si domandano ancora come quella tragica resistenza contro un nemico tanto e terribilmente più forte possa essersi protratta così a lungo e così eroicamente, senza tentennamenti, senza sedizioni o sollevazioni popolari e senza che, caso ancor più strano, neanche uno dei tanti borghi dello Stato senese, che si estendeva fino all’Amiata e all’Argentario, disertasse o tradisse.”
La risposta, a fornirla, è proprio il libro di Mauro Aurigi “IL PALIO (o della libertà)”.
Ed è una risposta, per certi versi, inaspettata: nessuno disertò, nessuno tradì, perché a Siena non c’era un Principe a capo della Città, ma era il popolo stesso a comandare.
La Repubblica senese è insomma l’esempio “storico” per eccellenza di quanto non sia un’utopia liberista il pensare possibile una società civile dove non esista una classe politica che si ponga sopra una comunità di liberi individui, responsabili per sé stessi, per la propria famiglia e per la propria patria. Il tasso di applicazione di quel “principio di sussidiarietà” che è alle fondamenta dell’idea liberista di “società civile” fu, nella Repubblica senese, elevatissimo e rimane oggi, vivissimo e praticato, nelle Contrade di Siena: non una casta di politici di professione, non un Principe o un tiranno (più o meno illuminato), non “un uomo della Provvidenza stile Obama”, ma l’individuo medesimo è la cima della società, quale essere umano che può raggrupparsi in associazioni volontarie. Di conseguenza non può esserci nessuna gerarchia verticale, dal meno importante al più importante. Semmai vi è una ridistribuzione orizzontale dei poteri e se serve parlare di cima, l’unica cima è costituita dall’individuo con i suoi diritti fondamentali.
L’eroica resistenza della Repubblica senese fu dunque possibile solo perché fu resistenza di individui “liberi e responsabili”, condizione necessaria e sufficiente per opporsi con determinazione anche al nemico più prepotente e agguerrito.
La testimonianza di Mauro nel suo libro “IL PALIO (o della libertà)”, e mai inciso fu più appropriato, è stata per me un’autentica scoperta. Come scritto nel retro del libro: “Il sistema delle Contrade di Siena, questo irripetibile, sanguigno e inestricabile groviglio di passione, orgoglio e identità probabilmente unico in Italia e anche oltre, non poteva essere nato a caso o comunque all’improvviso. Doveva per forza radicarsi profondamente nella storia, oltre che nell’inconscio, di quel fenomeno culturale, politico e sociale che non a torto è stato chiamato civiltà senese.”
“Non bisogna quindi farsi ingannare dalla rappresentazione tra il favoloso e il leggendario che la moderna industria dell’informazione dà del Palio e della Contrada. In ambedue nulla c’è di meramente rituale o celebrativo. La vita politica e sociale delle Contrade è una cosa maledettamente seria e complessa.”
“Quello del Palio è un popolo, la Contrada vive di quel Popolo, il Popolo la possiede sotto ogni punto di vista, esso è sempre attore e mai spettatore, ed è lui che tira fuori i soldi di tasca propria per finanziare la guerra, ossia per vincere il Palio, cosa che può costare ad una Contrada anche due miliardi di (vecchie) lire o più, tutti versati dai contradaioli in rigorosa proporzione al reddito, volontariamente, senza che nessuna norma fissi né l’obbligatorietà né le quote: anche nel pagamento delle “tasse” riemerge il grande civismo dell’epoca comunale.”
Concludendo: il libro di Mauro Aurigi è un libro che “dovrebbe essere letto da tutti gli amanti della libertà”. In un epoca dove tutto sembra essere sempre più demandato al superpotere degli Stati centrali, delle Banche centrali e delle Istituzioni sovranazionali, IL PALIO (o della libertà) indica una nuova-vecchia via da seguire per evitare la deresponsabilizzazione della società civile, il decadimento e, infine, la povertà materiale e spirituale.
Rileggendo il post mi sono accorto di aver chiamato in apertura Mauro Aurigi con il nome di Massimo. Me ne scuso con Mauro.
L'ho confuso con Massimo Meridio del film "Il Gladiatore". Errore plausibile visto che Mauro è, per certe lotte intraprese contro i potenti di turno, assimilabile alla figura del condottiero romano ribelle.
Il ciapa si annuncia.E paga.Il dovuto. :wink:
Prendo nota e ti ringrazio per l'interesse. Personalmente non voglio niente. Se proprio vuoi dare qualcosa allora ti metto dentro un bollettino di Interlibertarians precompilato con 15 CHF :wink:
Spedisco lunedì mattina.
Buona lettura!
prova 123