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In principio era il Verbo. Poi arrivò la Banca Vaticana

Nel dicembre 2009, lo IOR, l’Istituto per le opere di religione, tornava alla ribalta, 27 anni dopo il primo scandalo del Banco Ambrosiano, perché la Guardia di Finanza italiana aveva avviato un’inchiesta per scoprire se la Banca Vaticana continuasse a riciclare i soldi della mafia.

La polizia finanziaria cercava infatti di capire perchè 180 milioni di euro erano transitati sul conto di una succursale della Banca di Roma, acquistata da Unicredit, senza che ne fosse stata resa nota l’origine.
I magistrati romani sospettavano un riciclaggio di fondi, ma i responsabili dello IOR avevano respinto le accuse, spiegando che si era trattato di qualche assegno firmato probabilmente da un prelato.

Nel suo libro Vaticano S.p.A, pubblicato il maggio dello stesso anno, il giornalista Gianluigi Nuzzi aveva analizzato minuziosamente il sistema creato dai dirigenti dello IOR negli anni ’80 per assicurare l’opacità del funzionamento dell’istituto.
Per la redazione del suo libro, Nuzzi aveva avuto accesso a circa 4’000 documenti riservati della Santa Sede: lettere, relazioni, bilanci, verbali, bonifici, tutti provenienti dall’archivio di Monsignor Renato Dardozzi, Cancelliere dell’accademia pontificia delle scienze e una delle figure più importanti nella gestione dello IOR fino alla fine degli anni ‘90.
La finanza della banca Vaticana è – come scrive Nuzzi – un sofisticato sistema di conti cifrati dai quali sono transitati centinaia di miliardi di lire e dopo il 1999 milioni di euro.
Il principio era semplice. Monsignor Donato de Bonis, ex segretario di Monsignor Paul Marcinkus (il religioso americano a capo dello IOR), negli anni ’80 aveva istituito una sorta di banca parallela, dove gestiva 17 conti principali, intestati a società fittizie e sui quali passavano cifre milionarie. Operazioni finanziarie mascherate da opere di carità, titoli di Stato scambiati per riciclare denaro sporco. Persino i soldi di Tangentopoli, la maxi tangente Enimont, erano passati da questi conti.

L’efficacia dei servizi finanziari dello IOR viene comprovata dalla lista dei suoi clienti. La Banca Vaticana ha conti intestati a banchieri, politici, imprenditori.
Tra i suoi clienti più famosi vi erano i capi mafiosi siciliani Totò Riina e Bernardo Provenzano, l’ex presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti, il sindacato polacco Solidarnosc. La famiglia Gambino di New York faceva capo allo IOR per riciclare il denaro proveniente dalle sue numerose attività.
La Banca Vaticana ha anche avuto a lungo un ruolo di paravento per le operazioni della CIA, che durante la Guerra fredda finanziava le forze-anti comuniste dall’altra parte della cortina di ferro.

Dal sito www.disinformazione.it
“Dici Ior e pensi alle trame torbide della finanza degli anni Settanta e Ottanta. Monsignor Paul Marcinkus, Michele Sindona, Roberto Calvi: questi sono solo alcuni dei nomi che nella storia finanziaria italiana hanno incrociato destini e scandali con l’istituto per le opere religiose del Vaticano. Ma lo Ior emerge anche in altre inchieste giudiziarie, come quella, più recente, della Procura di Torre Annunziata su un traffico internazionale d’armi che vide coinvolti il leader nazionalista russo Vladimir Zhirinovski e l’arcivescovo di Barcellona Ricard Maria Charles.
… Nella storia dello Ior entrano tutte le facce dell’Italia degli intrighi: oltre ai banchieri, anche faccendieri del calibro di Francesco Pazienza e Flavio Carboni. Quest’ultimo, piccolo imprenditore sardo all’epoca legato ad ambienti politici della sinistra Dc, amico di Armando Corona, repubblicano e Gran Maestro della Massoneria, socio del Gruppo editoriale l’Espresso, era bene introdotto in alcuni uffici vaticani e rappresentò il ponte tra Roberto Calvi, Vaticano e politica.
… Licio Gelli investiva il denaro dei Corleonesi di Totò Riina nella Banca del Vaticano. A dirlo non è una persona qualsiasi. È Francesco Marino Mannoia, pentito di mafia in tempi non sospetti.”

Redazione

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  • Non si capisce bene se stiamo parlando della banca del Vaticano...
    ... o di un'associazione a delinquere!

    Le più belle storie, tuttavia, sono quelle del 1982.
    Che anno meraviglioso!

    Ai primi di marzo arrivò Boris Spasskij a Lugano, ma questo non c'entra niente.

  • Era il 19 giugno 1982, di sabato,
    una sfolgorante giornata prossima al solstizio d'estate.

    La sua villa si trovava (c'è ancora) in vetta al Pradello di Breganzona.
    Era quasi mezzogiorno, il presidente mi invitò all'aperitivo, servito
    sotto i faggi del giardino. Squisito, impeccabile,
    dietro una maschera cortese celava il nervosismo.

    "Hanno trovato Calvi" mi sussurrò.
    "Sotto il ponte di Blackfriars - risposi - lo so".

  • Ricordo, tutta la documentazione - neanche un commento né un trafiletto di giornale mancava - depositata in un scrigno di mia zia, neanche fossero gioielli !

  • Nella notte su venerdì 11 giugno 1982 Calvi fugge
    dal suo appartamento romano di via Capranica.

    Vola a Trieste con volo di linea.
    Passando per la Iugoslavia arriva a Klagenfurt, in Austria (sabato 12).
    Martedì 15 giugno Calvi decolla dall'aeroporto di Innsbruck per Londra,
    con volo privato.
    Alle 18 è a Gatwick, alle 21 ai Chelsea Cloisters, un immenso triste
    residence londinese.
    Per due giorni Calvi rimane barricato nel suo squallido appartamentino.
    Si rade i baffi. Telefona in continuazione.
    "Sta per accadere qualcosa di meraviglioso!"

    Verso la mezzanotte del 17 (non si sa esattamente)
    "Gian Roberto Calvini" (nome falsificato) lascia i Cloisters

    ---- per andare a impiccarsi al ponte di Blackfriars, oppure
    ---- per andare a morire nelle mani di sicari della mafia.

    Decidete voi.

      • Roberto Calvi in persona? No.
        Però un legame con Lugano l'aveva. Sedeva
        nel consiglio d'amministrazione
        della Banca del Gottardo.

          • Dieci anni prima.

            La sera che esplose la bomba di piazza Fontana
            il 12 dicembre 1969
            io stavo giocando a scacchi
            al circolo di via Chiaravalle.

            Uscii di corsa per vedere qualcosa
            prima che la polizia circondasse il sito.
            Sembravano tutti impazziti.

          • No, amico mio, quel che racconto non sono balle.
            IO ERO VERAMENTE LÌ.

            Ho vissuto a Milano per sette anni,
            una vita randagia e oscura.
            Ma certi ricordi sono incisi a fuoco

            nella mia anima.

          • … mentre io passeggiavo sopra il ponte dei Blackfriars

            E hai visto il cadavere di Gian Roberto Calvini
            appeso al traliccio?

          • Ambrosoli? Non l'ho VISTO uccidere.

            Ma il 29 gennaio 1979 il magistrato Emilio Alessandrini
            fu assassinato nei pressi di casa mia
            (che era in viale Friuli e non era precisamente casa mia)
            dalle Brigate Rosse.

            Compirono l'opera Sergio Segio e Marco Donat-Cattin,
            figlio del notabile democristiano.

            Vidi la macchina di Alessandrini
            con tutti i cristalli sfondati
            e crivellata di colpi di mitra.

      • >>> Candide

        Della BdG ho tanti bei ricordi.
        Grandi anni (per me) gli anni Ottanta.

        Nella mia pagina Facebook ho pubblicato una foto
        che mi ritrae con il presidente.
        Che uomo interessante, non solo un banchiere!

        Ma la malattia non perdona.

  • Tre anni prima…

    La sera dell'11 luglio 1979, verso la mezzanotte, a Milano, mentre rincasava dopo una serata trascorsa con amici e già si trovava presso il portone, l’avvocato Ambrosoli sentì una voce che lo chiamava. “Scusi, avvocato!”.

    Ambrosoli d’istinto si girò e il killer William Joseph Aricò, venuto dall’America per ordine di Michele Sindona, gli sparò quattro colpi di Magnum 357.

    Così morì l’avvocato Ambrosoli, un eroe tranquillo.
    Aricò ricevette 25000 dollari in contanti e altri 90000 tramite bonifico su un conto in Svizzera.

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