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Accordo sui frontalieri: una decisione storica – Fabio Regazzi

È fatto rarissimo per un’iniziativa cantonale (una risoluzione votata da un Parlamento cantonale e inviata all’Assemblea federale) quello di essere approvata da una delle due Camere. È capitato lunedì sera con della modalità invero altrettanto soprendenti, cioè senza opposizioni.

Si chiude così il secondo round dell’iniziativa cantonale ticinese che avevo presentato poco meno di un anno fa (era il 17 marzo 2011) a nome del Gruppo PPD. Il primo round era suonato con una bocciatura incassata lo scorso mese di settembre dal Consiglio degli Stati.
La storicità della decisione adottata ieri risiede proprio nel fatto che per la prima volta una delle massime istituzioni elvetiche, il Parlamento, riconosce la serietà di un’annosa rivendicazione formulata dal Cantone Ticino, quella che chiede di poter rivedere i termini (penalizzanti) di un trattato risalente a 40 anni or sono.

Occorre invero riconoscere che nella vicenda dei ristorni il Ticino è stato finora ostaggio di un contenzioso più complesso che ha coinvolto il Consiglio federale e la vicina Italia nella vana ricerca di un accordo sull’assistenza fiscale che salvasse il segreto bancario.
È essenzialmente per questa ragione che Berna ha finora sempre fatto orecchio da mercante ai problemi sollevati nelle motivazioni che accompagnano l’iniziativa cantonale che così riassumo:
1. Da un lato i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri sono stabiliti per i frontalieri che rientrano quotidianamente al proprio domicilio ciò che, a seguito dell’entrata in vigore dell’Accordo sulla libera circolazione riguarda solo un a parte ancora da definire di frontalieri attivi su territorio ticinese.
2. Dall’altro, l’alto tasso di ristorno (del 38.8 per cento), come già ribadito sopra, è fortemente discriminatorio per il nostro Cantone, soprattutto se si considera che nel caso analogo dell’Austria l’aliquota è fissata al 12,5 per cento.
3. Infine, poiché la stragrande maggioranza dei frontalieri italiani lavora in Ticino, ne discende che il prezzo della tutela della piazza finanziaria nazionale è stato scaricato per quasi 40 anni in massima parte sul nostro Cantone.
Mi pare quindi legittimo quanto postulato dall’iniziativa cantonale e cioè che nel caso di mantenimento dell’attuale tasso di ristorno del 38,8% la Confederazione deve concedere un indennizzo al Ticino, proponendo la necessaria base legale, che al momento purtroppo manca.

Resto dell’opinione, come ho dichiarato ieri in Parlamento, che con questa decisione la Confederazione potrà ora presentarsi al tavolo delle trattative con l’Italia con una carta in più da giocare, ovvero con la ferma intenzione di rivedere in termini più equi un accordo che penalizza soprattutto noi tutti.
La palla ora al Consiglio degli Stati che spero vorrà rivedere il suo primo voto.
L’occasione per rilanciare la collaborazione con l’Italia è dunque vicina, magari proprio ripartendo dal Ticino.

Fabio Regazzi,
Consigliere nazionale PPD

Redazione

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