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1996 : quando UBS aveva detto no alla Grecia nella Zona euro

La Grecia era entrata a far parte della Zona euro il 1. gennaio 2001, due anni dopo l’avvio ufficiale dell’unione monetaria, ma già nel 1996, durante le analisi preparatorie, esistevano dubbi circa l’opportunità di una sua adesione.

La notizia viene riportata dal portale di informazione economica WallStreet Italia.com : “Tra i più scettici vi erano gli economisti di UBS, che già nel 1996 nelle loro ricerche riportavano che la Grecia non doveva entrare nella Zona euro.
Una visione delineata nel diagramma di Venn (vedi sotto), che faceva parte dello studio di UBS. Nella rappresentazione vengono messe in luce tensioni e divergenze che gli economisti pronosticavano già nel percorso di inserimento e finalizzazione dell’Unione monetaria.
Tre gli insiemi: financial “ins” (paesi che storicamente si avvicinano ai criteri di Maastricht), political “ins” (paesi con la volontà politica per procedere verso l’Unione monetaria), real economy “ins” (paesi le quali economie reali consentono la formazione di un’unione monetaria ottimale).
La Grecia è chiaramente scartata. Si trova proprio al di fuori di tutto, non appropriata sotto nessun punto di vista per entrare a fare parte della Zona euro”.

Nel rapporto di UBS del 1996 si leggeva ancora : “Vari sono i problemi di fondo delineati per l’euro, prima ancora della sua nascita: Un’unione monetaria allo stato attuale non sembra poter funzionare, visto il basso livello di integrazione economica e la relativa rigidità di movimento della forza lavoro tra i paesi membri.
Un’unione monetaria potrebbe funzionare tra i paesi più forti vista la maggiore integrazione economica, a meno di shock asimmetrici che espongano o aggravino i problemi nel mercato del lavoro. Shock che potrebbero nascere anche all’esterno ma trasmettersi all’interno dei paesi membri.
In un’unione monetaria governata da un livello unico dei tassi di interesse, il costo del denaro cessa di essere fondamentale per aggiustamenti a seguito di shock economici e il tutto si limita al fatto o meno se i tassi di interesse sono appropriati per le condizioni economiche dei paesi membri.

Le conclusioni: L’Unione monetaria non funzionerà al meglio per il bene comune, in caso sia permesso ai paesi più deboli di entrare prematuramente nella moneta unica.
L’Unione monetaria potrebbe funzionare solo per i paesi più forti, a condizione che queste economie restino costantemente coordinate.
Se si dovesse cercare di raggiungere l’Unione monetaria includendo un numero vasto, ma asimmetrico (in termini economici) di paesi, le tensioni saranno inevitabili e porteranno anche a forti discrepanze politiche”.

Redazione

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