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Il 17 giugno, votiamo NO al Managed Care – di Lara Filippini

Il 17 giugno la possibilità o meno di scegliere liberamente il medico sarà totalmente nelle nostre mani e perciò è molto importante essere coscienti di cosa si andrà a votare e cosa succederà nella malaugurata ipotesi che passi questo nuovo disegno di legge.

Tutto il discorso ruota attorno a qualcosa di essenziale per qualsiasi cittadino, un qualcosa che va al di là della semplice fruizione del servizio medico, quel qualcosa appunto che sancisce questo rapporto di libera scelta del medico: la fiducia. Aderendo a queste reti di cura, il fatto più importante da sottolineare è che andremmo non solo a perdere questa libertà di scelta del proprio medico di famiglia, ma anche del proprio fisioterapista, della scelta della clinica, dell’oculista e via discorrendo. Ad esempio una donna che ha degli ovvi problemi femminili, non potrà più rivolgersi direttamente al proprio ginecologo, ma dovrà preventivamente passare dal proprio medico di famiglia ed in seguito accedere allo specialista; inoltre potrebbe anche darsi che il proprio ginecologo non sia integrato nella rete di cure della propria cassa malati. Cosa succederebbe a questo punto? La paziente pur di avere la possibilità d’accesso a questa figura professionale si ritroverebbe dunque ad un bivio: o cambiare cassa malati per accedere a quella dove il proprio medico è integrato o pagare un surplus di denaro di tasca propria per continuare ad andare presso quest’ultimo.

Tutto ciò ovviamente ha un costo e per quanto i favorevoli a questo progetto vogliano spacciare questo aumento di spese come una sciocchezza, bruscolini, in realtà incide e non poco sul budget mensile delle famiglie, specie per coloro che fanno fatica ad arrivare a fine mese, ma non vogliono vedersi sballottati da un medico all’altro che non conoscono. Coloro dunque che non vogliono rinunciare a questa libertà di scelta si vedranno “sanzionati” con il pagamento di tasca propria, ovvero ad ogni fatturazione non si troveranno più il classico 10% di partecipazione, ma ben il 15% e dunque possiamo facilmente immaginare a che salasso sarebbero sottoposti coloro che fissano la franchigia a 2’500 franchi. Altro passaggio non meno importante è che ogni rete avrà un budget preciso per paziente e che dovrà rispettare gli obiettivi fissati da quest’ultimo; un chiaro disincentivo ad offrire cure di qualità mettendo davanti alla salute del paziente quella del “borsellino” della rete.

Questo ovviamente favorisce una selezione dei rischi a favore delle cure meno costose. Ad esempio se ci si ritrova un paziente con persistente mal di gola da varie settimane al posto di fargli un semplice striscio per appurare se vi sia una natura batterica o meno, si tenderà a dargli per settimane semplici antidolorifici, per poi ritrovarsi magari in seguito a sottoporlo ad un doppio ciclo di antibiotici; tutto ciò a causa del contenimento spese, ponendo però in questo modo il paziente ad avere una spesa maggiorata per le cure. Questo potrebbe essere uno dei tanti esempi per capire dunque come il managed care possa anche alterare questo rapporto di fiducia tra medico-paziente ed inoltre non esistono prove concrete di risparmi dei costi sul lungo periodo; per contro esistono fior di prove che attestano (vedi Winthertur) il disordine e l’aumento della burocrazia dovuta a questo metodo.

Perciò il 17 giugno vi invito ad essere lungimiranti e a calare nell’urna un secco NO.

Lara Filippini
Deputata UDC in Gran Consiglio

Relatore

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