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Nella mia fine è il mio inizio. Per ripartire, i greci dovranno prima morire

Lo scrittore e autore teatrale greco Dimítris Dimitriádis il 9 giugno ha rilasciato un’intervista al quotidiano francese Le Monde dal titolo categorico : “La Grèce est morte, la Grecia è morta”.
Qui di seguito alcuni passaggi della sua intervista
.


Per spiegare cosa prova di fronte a quanto sta accadendo oggi in Grecia, Dimitriádis dice che “quello che caratterizza la Grecia è una sorta di stagnazione, di immobilismo mentale. Si rimane intrappolati in abitudini psicologiche e sociali, ci si adagia su una tradizione morta e non si pensa a rinnovare. Si tratta di un problema gravissimo.”

“Non è certo una novità – prosegue – da tempo in Grecia viviamo nella luce di una stella morta. La crisi non si risolverà senza riconoscere che qualcosa è morto. Solo così si potrà avere una nuova nascita.
Come nel verso di T.S. Eliot: “Nella mia fine è il mio inizio”, dobbiamo ancora avere il coraggio di nominare la fine.
Il sistema politico nel quale viviamo in Grecia, che risale all’occupazione ottomana (quindi a diversi secoli fa), è completamente clientelare.
I grandi proprietari terrieri di un tempo sono stati sostituiti dai partiti politici, ma i rapporti con la popolazione sono rimasti gli stessi. Lo Stato appartiene al partito, che sfrutta le sue risorse per mantenere il sistema clientelare.
Dalla fine degli anni 1970 a regnare in Grecia è stato il partito socialista di Andreas Papandreou, il Pasok, che ha spinto questo sistema clientelare alle sue estreme conseguenze.
Il denaro dello Stato è diventato il tesoro del partito, permettendo la creazione di molti posti di lavoro fittizi. E tutto questo continua ancora oggi e spiega in parte perché siamo arrivati a una tale catastrofe economica: il sistema è allo stremo perché non vi sono più risorse ed è talmente marcio da essere del tutto bloccato.
È questa situazione che mi fa pensare che il paese sia morto e che bisognerebbe accettare questa situazione. Per ricominciare dall’inizio bisogna spazzare via tutto. È questa la coscienza storica.”

Redazione

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