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Siamo in guerra, ma loro non se ne accorgono – di Lorenzo Quadri

Mentre la Svizzera si pone in condizione di sudditanza nei confronti dell’Unione europea, sfasciando in questo modo quel che resta del nostro benessere, della nostra sicurezza, della nostra indipendenza, della nostra sovranità, l’UE è ormai sempre più vicina al baratro, malgrado i rattoppi che possono essere stati decisi a Bruxelles (chi paga per tutti?).

Del resto le cifre presentate al Forum economico di Davos di quest’anno sono allarmanti: nei prossimi dieci anni 1.2 miliardi di giovani saranno in cerca di un impiego, ma l’offerta di posti di lavoro sarà solo di 300 milioni. La prospettiva è, dunque, quella di una disoccupazione di massa. Che peraltro nei paesi UE, davanti ai quali le autorità federali si mettono prone, si sta già chiaramente delineando. In Spagna un giovane sotto i 25 anni su due è senza lavoro. In Italia
uno su tre. In Gran Bretagna uno su quattro. E si parla delle cifre ufficiali -pertanto ingentilite.

I tempi sono proprio cambiati. Nel 1291 i Confederati resistettero agli Asburgo che avrebbero dominato l’Europa per mille anni. Adesso si alza bandiera bianca davanti a Stati falliti. Senza andare troppo lontano, anche in Ticino si assiste ad un’impennata dei casi d’assistenza tra i giovani.Non c’è bisogno di essere dei sociologi per capire che in queste condizioni la pace sociale è in pericolo. A ricordare le cifre di cui sopra è il TagesAnzeiger, le cui posizioni politiche non sono propriamente “leghiste”.

Il TA rileva come la situazione attuale sia simile a quella degli anni Trenta. Il problema è quello di uno squilibrio inquietante, nel mercato del lavoro, tra domanda ed offerta. L’offerta di forza lavoro è enormemente superiore alla domanda. Per noi la situazione italiana è foriera di enormi guai. Perché le prospettive funeree per l’economia della vicina Penisola porteranno ad un aumento
esponenziale della pressione da sud sul nostro mercato del lavoro.Confrontati con questo pericolo, non ci sappiamo difendere. La politica – ma anche gli economisti – credono di poter affrontare una situazione di vera e propria emergenza con mezzi che già risultavano inadeguati in condizioni normali, figuriamoci ora.

Il TA deplora come, davanti alla situazione internazionale “anni Trenta” sopra accennata, gli economisti insistano nel ripetere a pappagallo le solite trite manfrine: lavorare più a lungo (e i giovani come ci entrano nel mondo del lavoro se nessuno lascia il posto?) e spalancare ancora di più le porte alla migrazione (ma se già adesso non c’è lavoro per tutti…). Una follia, s’indigna il non-leghista commentatore del “Tagi”: significa negare la realtà. Negarla in nome di teorie economiche stampo anni Ottanta, che rispondevano forse alla situazione di quei tempi. Ma da allora il quadro è radicalmente cambiato, e gli anni Ottanta paiono lontani anni luce.

A predicare l’immigrazione a go-go non sono però solo gli economisti. Sono anche troppi governanti, almeno in Svizzera. La SECO, Segretariato di Stato per l’economia, se ne è addirittura uscita con la seguente “perla”: “Immigrazione uguale ricchezza”. Questi non hanno capito che siamo in una situazione di guerra economica. Evidentemente si sono persi qualche puntata. Quando se ne accorgeranno, sarà troppo tardi.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi

Relatore

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