Il nostro Cantone soffre di una disoccupazione superiore alla media nazionale. I disoccupati registrati a maggio 2012 erano 6’339, pari al 4,3%, e le persone in cerca di impiego registrate erano ben 9’660.
Il recente studio dal titolo “Libera circolazione: gioie o dolori?” condotto dai ricercatori dell’ufficio di statistica cantonale, ha inoltre permesso di mettere in evidenza gli effetti negativi della libera circolazione delle persone e dell’abolizione della priorità d’impiego ai lavoratori indigeni sul nostro Cantone. In particolare per quanto attiene alla perdita di posti di lavoro e di contrazione dei salari.
Il ruolo dello Stato nelle politiche volte a combattere la disoccupazione é di fondamentale importanza. L’esempio poi che esso può e deve mostrare nell’ambito delle proprie assunzioni è certo un atto di responsabilità sociale e una chiara richiesta dei nostri cittadini, troppe volte frustrati dal fatto o dalla sensazione che i posti di lavoro disponibili vadano appannaggio di frontalieri.
Lo Stato deve dunque, a nostro avviso, confermare la sua ferrea volontà di conciliare la sua politica volta a rilanciare l’occupazione nel nostro Cantone e la lotta contro la disoccupazione locale. Per quanto attiene a questo secondo importante punto, la disoccupazione degli svizzeri e dei residenti, troppo spesso si ha la netta convinzione che vi sia un’eccessiva passività e ben poca intraprendenza da parte delle autorità cantonali, al fine di contrastare l’esplosione del frontalierato. La classica stucchevole risposta, da sempre utilizzata per giustificare questo immobilismo a chi richiede un intervento in tal senso, è che non vi sono margini di manovra per favorire i disoccupati locali a causa degli accordi sulla libera circolazione delle persone.
Questo paravento non regge più guardando, per esempio, a quanto messo in atto con grande e apprezzabile decisione dal Canton Ginevra. Un Cantone colpito in tutto e per tutto dalle stesse problematiche del Ticino che tuttavia, con coraggio politico, per correre saggiamente ai ripari ha emanato una chiara direttiva trasversale per quanto riguarda la modalità di ricerca di personale e d’assunzione nei posti di lavoro pubblici disponibili. La direttiva indica dunque la procedura di assunzione di collaboratrici e collaboratori in seno all’amministrazione pubblica e la relativa collaborazione con l’ufficio cantonale del lavoro. Essa inoltre precisa le esigenze richieste per presentare delle domande di nuove autorizzazioni di lavoro, come pure la composizione e la missione della commissione specialistica tripartita, incaricata di esaminare le candidature di stranieri non titolari di permessi di soggiorno o di lavoro validi, al momento della loro possibile assunzione presso l’amministrazione cantonale. Da circa un anno dunque i lavoratori locali godono della priorità d’assunzione, a parità di competenze, rispetto ai lavoratori frontalieri. Una priorità che solo sei mesi dopo, nel dicembre 2011, il Consiglio di Stato ginevrino ha deciso di estendere a tutti gli enti pubblici autonomi.
Senza entrare nei dettagli della direttiva, che riteniamo tuttavia di allegare a questo atto parlamentare, il gruppo UDC richiede con forza all’Esecutivo ticinese l’immediata elaborazione di un quadro normativo che favorisca l’assunzione dei disoccupati locali regolarmente iscritti ai diversi uffici regionali di collocamento e che percepiscono le indennità disoccupazione del nostro Paese. A nostro avviso il Governo deve pretendere dai suoi servizi, da tutti gli enti autonomi con personalità giuridica di diritto pubblico e da quelli in qualche modo sussidiati del Cantone, che essi svolgano una sistematica verifica, prima di poter richiedere un nuovo permesso di lavoro per frontalieri, dei profili dei disoccupati iscritti agli uffici regionali di collocamento e che diano la priorità d’assunzione, a parità di competenze, a quest’ultimi.
L’esperienza ginevrina dimostra l’incontestabile possibilità di andare nella direzione indicata da questa mozione, che evidentemente ne riprende integralmente lo spirito. È necessario, secondo il gruppo UDC, immediatamente istituire un nuovo caposaldo del sostegno all’occupazione locale e al rapido reinserimento dei disoccupati, evitando che queste persone debbano ricorrere all’assistenza al termine del periodo di copertura, magari mentre dei posti di lavoro pubblici o parapubblici vengono assegnati a frontalieri.
Questa impostazione permetterebbe inoltre allo Stato di mostrare l’esempio riguardo l’impiego di lavoratori locali anche agli attori privati presenti sul territorio, auspicando che lo stesso sia seguito da tutti gli attori economici cantonali.
Gruppo parlamentare UDC
Marco Chiesa, Gabriele Pinoja, Orlando Del Don, Lara Filippini, Eros Mellini
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Ecco un compito in classe 8-O che l'UDC assegna al Governo Ticinese:
impegnarsi per i PROPRI CITTADINI (Ticinesi, Svizzeri di altri Cantoni e tutti i domiciliati con permesso C) e contrastare legalmente gli INDUBBI effetti di sostituzione nel mondo del lavoro Ticinese.
NON CI SONO PIU' SCUSE. :!:
INIZIAMO nel parastato (grandissimo margine di manovra anche nel senso di intere caste di frontalierato che vi si è stabilito) e nello Stato (non inventandosi i posti di lavoro chiaramente, ma verificare in maniera "certosina" il potenziale iscritto all'URC.
Persone iscritte all'URC che vengono sistematicamente IGNORATE (dai datori di lavoro e pure dall'URC stessa). L'effetto sostituzione DIMOSTRATO DATI ALLA MANO oltre che colpire "una tantum" nel momento del "licenziamento-sostituzione", CONTINUA :!: A COLPIRE una volta iscritti all'URC o già in assistenza: le persone vengono praticamente MARCHIATE come anelli deboli e vittime sacrificali, impedendo un inserimento regolare o con le carte in regola (gioco di parole) per un nuovo impiego.
Nuovi impieghi che sempre DATI ALLA MANO, sono destinati al frontalierato come da annunci di lavoro specificamente pubblicati per i residenti delle fasce di confine entro 20 Km in territorio italiano (vedi annunci in tal senso individuati da molti ticinesi e riportati da portali di informazione del web). :evil: :evil: :evil:
Dimostrato che praticamente TUTTI i nuovi posti di lavoro in Ticino, sono stati CREATI, CONCEPITI E ASSEGNATI al frontalierato (OVVIO: sottostanno ad un regime fiscale in Italia diverso dai loro connazionali e possono permettersi paghe che per un ticinese non bastano per arrivare A META' MESE) è ora di AGIRE :!:
Come auspica l'UDC/SVP (partito popolare svizzero), IL GOVERNO (stato e parastato) DEVE DARE IL BUON ESEMPIO, e ingegnarsi con tutti i mezzi per contrastare il fenomeno numero uno che preoccupa i ticinesi :!: dalla criminalità piccola e grande che si sta allargando esponenzialmente negli ultimi mesi (scippi a non finire, oltre a tutte le altre attività criminose che vengono ammesse con il contagocce dai media di "centro-sinistra").
Forza UDC! Basta con il mangia-mangia di sinistra nella situazione attuale con un mondo del lavoro parallelo di sindacalisti, socialità a spese di una "classe media e medio-bassa", raccomandazioni/nepotismo/assunzioni politiche pro partito e saccoccia perpetrata da TUTTI I PARTITI DI GOVERNO! 8) 8) 8)
La misura è colma, la barca è piena, i filo è teso... usiamo la figura retorica che più ci aggrada, ma il messaggio è:
ADESSO BASTA :!:
Lasciate ogni speranza.....
I “maggiorenti” del sistema produttivo non si lasceranno sottrarre da chicchessia il privilegio di una manodopera contigua low cost. L'oligarchia economica (maxi/mini/indigena/esotica) identifica la libertà con: a) il reddito e b) il grado di possesso tali da garantire l'autonomia politica delle proprie scelte. Tradotto: o vi va bene così oppure... se vedemo...
Si inizierà a prendere coscienza del problema quando finalmente si leggerà, in prima pagina sui nostri media e a caratteri cubitali, (invece di perdere tempo ad assegnare ai romandi l'etichetta di fannulloni...) che la "particolarità" del lavoro indigeno è dovuta soprattutto all'incombente ricatto della delocalizzazione delle produzioni. Tradotto: o vi va bene così oppure ce ne andiamo in posti più convenienti. Che non aspettano altro. Allora il Ticino gioca la carta dei frontalieri per tentare di mantenere le produzioni e quindi le entrate fiscali. D'altro canto non si vuole prendere coscienza che la gran parte dei prodotti arriva da noi da Paesi che non rispettano né le basilari regole contrattuali del lavoro, né le leggi contro il lavoro minorile e neppure le norme sulla salute e sull’inquinamento ambientale, il tutto condito da paghe da fame per quella minoranza che ha un lavoro. I prodotti importati da quei contesti vengono però acquistati senza il minimo ripensamento, pure da quelli che sostengono, demagogicamente, di essere legati-al-proprio-territorio-nazionale-e-si-lasciano-emozionare-dall'inno-cantato-durante-le-manifestazione-sportive-quando vince-l'idolo-di-casa-che-sostengono-da-sempre-con-orgoglio-patriottico...