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Automobilisti, figli di un dio minore? – di Fabio Regazzi

Non è raro leggere sulla nostra stampa affermazioni volte a contrapporre i vettori di trasporto – strada e ferrovia – insinuando che la seconda svolga brillantemente i propri compiti mentre la prima sia colpevole su tutti i fronti. Purtroppo così non è.

L’inquinamento dei camion si è ridotto in Svizzera negli scorsi dieci anni (complessivamente) di oltre il 40% grazie a un progresso tecnologico senza pari, che la ferrovia – complici non da ultimo il garantismo statale attraverso ingenti sussidi e la ritardata apertura del mercato – non riesce a raggiungere. Si parla poi di costi sociali che la strada, malgrado i balzelli non riuscirebbe a coprire. Vero, il grado di copertura dei costi del vettore stradale raggiunge oggi poco più del 90%, e questo nonostante un mezzo pesante paghi mediamente 80’000 (!) franchi di tasse all’anno. Quel che però si dovrebbe pure rimarcare è che gli utenti della ferrovia riescono a coprire mediamente una quota ben inferiore dei costi che loro stessi provocano, e su alcune tratte addirittura nella misura solo del 25%! Il resto lo pagano, oltre ai cittadini ad esempio per il tramite dell’IVA, proprio gli automobilisti, i quali ogni anno contribuiscono a sovvenzionare in ragione di due miliardi di franchi il fondo per i trasporti pubblici attraverso una serie di imposte e tasse a cui vengono da anni, per molti versi giustamente, sottoposti.

Vi sono poi ulteriori elementi che, non vanno dimenticati o sottaciuti. Ad esempio il fatto che oggi la ferrovia propone dei prezzi di tracciato assolutamente sfavorevoli al trasporto merci. Anche in questo caso l’economia che ha l’opportunità di integrare nel proprio concetto logistico la ferrovia (ricordiamo che purtroppo questo per molte ditte è completamente impensabile per diversi motivi) paga prezzi molto più alti rispetto all’estero poiché deve finanziare (di nuovo per vie incrociate) il traffico passeggeri. In altre parole, chi spedisce un lotto di merce da Basilea a Chiasso finanzia indirettamente anche un pendolare tra Zurigo e Berna. Ma come, viene allora da chiedersi, il punto cardinale della politica dei trasporti svizzeri non è il tanto decantato trasferimento del traffico dalla strada alla rotaia?

Concludo auspicando che in futuro le argomentazioni unilaterali e ideologiche spesso citate dalla stampa lascino maggiore spazio a un’analisi più oggettiva. Altrimenti gli ambiziosi obiettivi posti in materia di politica dei trasporti – compreso quello del trasferimento delle merci – sono destinati anche in futuro a rimanere una chimera.

Fabio Regazzi
Consigliere nazionale PPD

Relatore

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