La società svedese, leader a livello mondiale nella vendita di mobili e articoli di arredamento a buon mercato, ha ammesso di aver coscientemente fatto ricorso, negli anni 1980, alla manodopera forzata di prigionieri politici della Germania dell’Est.
La notizia era stata svelata il 16 novembre da un rapporto che Ikea aveva commissionato al gruppo Ernst & Young, per far luce sulle voci che circolavano circa l’impiego di manodopera illegale da parte dell’azienda 30 anni fa.
Jeanette Skjelmose, manager di Ikea, ha spiegato che vertici aziendali di quell’epoca erano al corrente dell’impiego di prigionieri politici e che avevano cercato di porre fine a questa pratica, senza però riuscirvi.
Le misure che avevano adottato erano state del tutto insufficienti, a causa della mancanza di efficaci sistemi di controllo.
“Una pubblicità disastrosa per l’azienda il cui logo blù e giallo è conosciuto mondialmente e che in Svezia si promuove quale ambasciatore culturale – si legge nel giornale britannico International Herald Tribune.
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