Il Consiglio nazionale della resistenza iraniana comunica che dal 22 ottobre a oggi il governo di Teherah ha ordinato l’esecuzione capitale di 95 prigionieri, messi a morte tramite impiccagione.
Secondo il regime iraniano, molti di questi prigionieri erano stati condannati per traffico di droga (reato punibile con la morte), mentre spesso le ragioni di una condanna sono di ben altra natura. In carcere finiscono oppositori al regime, liberi pensatori, intellettuali, omosessuali, politici scomodi e giovani che hanno avuto la pessima idea di partecipare a una qualche manifestazione di protesta.
L’ultima esecuzione pubblica è avvenuta il 13 novembre, con l’impiccagione collettiva di 35 prigionieri nella prigione di Vakil-Abad, a Machad, nel nord-est del paese.
L’assassinio di prigionieri politici sotto tortura, le esecuzioni capitali clandestine e gli omicidi di prigionieri politici sono un altro capitolo del bilancio della dittatura religiosa che in questi ultimi mesi caratterizza l’Iran.
Dal portale Iranmanif.org :
“Il regime dei mullah a Teheran ha istituito un comitato per accelerare le impiccagioni dei condannati a morte.
La crescita del malcontento popolare, la “legalità” dell’opposizione, che permette ai Moudjahidine del popoli di focalizzarsi sul cambiamento democratico in Iran e le divisioni interne che lacerano le fazioni al potere, accentuano la pressione e fanno temere il peggio alla dittatura.
L’unica soluzione per il regime religioso è organizzare la solita ecatombe. Questa volta il governo si focalizza sulla prigione di Gohardacht, alla periferia di Teheran, dove si trova un migliaio di prigionieri condannati alla pena capitale.
Da diverse settimane, un comitato composto da alcuni mullah e presieduto dal vice procuratore di Teheran Najaf Abadi obbliga i prigionieri di Gohardacht a compilare formulari sui motivi del ritardo della loro impiccagione. 750 prigionieri li hanno già compilati.
Il comitato ha convocato alla prigione le parti civili dei condannati, esortandole a chiedere un’accelerazione delle impiccagioni.
Se le parti civili rifiutano, sono obbligate a pagare cifre esorbitanti per compensare le spese del mantenimento dei prigionieri.”
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