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Oggi come oggi, vent’anni fa. Una grande decisione! – di Alain Bühler

Era il 6 dicembre 1992, una data storica in cui il popolo svizzero, con il 50,3 % dei voti, ha decretato di non voler far parte dello Spazio economico europeo (SEE). Allora avevo poco meno di 10 anni, e la politica non rientrava propriamente nei miei interessi. Ciò non toglie che la decisione presa allora dal 78,7% degli aventi diritto al voto che, contro ogni previsione, rigettarono la proposta di abbracciare la grande famiglia europea, la considerò tuttora la più grande vittoria dei cittadini elvetici come pure il più grande e sonoro schiaffo che la politica federale abbia ricevuto dal 1848. Il coraggio di andare contro una via ritenuta l’unica percorribile per l’economia svizzera, sfidando i più machiavellici presagi di sventura che i ben pensanti e le menti eccelse della Berna federale hanno elargito durante e dopo la campagna per la votazione federale, mi rende tuttora orgoglioso di esser cittadino svizzero.

Dopo quella data, ci dissero che la Svizzera sarebbe andata incontro ad un periodo nero per la propria economia e che prima o poi non ci sarebbe stata altra soluzione che tornare a Bruxelles e mandicare un’adesione. Le cose non andarono propriamente in quel modo. La Svizzera ha negoziato degli accordi bilaterali nei più svariati settori: dalla formazione alla ricerca, dai media alla statistica, dagli ostacoli tecnici al commercio alle questioni ambientali e via discorrendo. Accordi negoziati tenendo conto delle specificità del nostro paese e soprattutto nel pieno rispetto della nostra sovranità nazionale.

Una via bilaterale che ha dato i suoi frutti e che ci ha permesso di stare alla larga da quell’Europa un tempo dinamica e forte, ma che oggi si ritrova dilaniata dalla crisi istituzionale ed economica. Un’Europa che ha cercato in un’unione macchinosa e centralista la propria forza ma che invece la sta trascinando sempre più in basso nella gerarchia geopolitica ed economica internazionale. È un dato di fatto che la Svizzera, seppur toccata anch’essa dalla crisi, risulti essere ancora un’isola felice in mezzo alla burrasca europea. Non c’é quindi motivo di chiedersi perché, oggi, i cittadini svizzeri si dimostrano esser più euroscettici di prima. Solo l’11% auspicherebbe l’adesione allo SEE, e si scende al 6% se si parla di aderire a quel mastodontico organo burocratico che é l’Unione europea.

Ciò non toglie che si debbano apportare dei correttivi alla via bilaterale, accordi come quello di Schengen e Dublino hanno ampiamente dimostrato i loro limiti e soprattuto i loro costi e non sono assolutamente vitali per il nostro Paese, vanno quindi rescissi immediatamente. Anche la Libera circolazione delle persone, come ampiamente previsto, è ormai diventata una realtà del tutto fuori controllo, e va rivista integralmente. Si tratta, infatti, di tornare a controllare quei flussi migratori che sono stati di fatto completamente liberalizzati e che mettono costantemente a repentaglio la nostra sicurezza e la nostra pace sociale. Ma soprattuto non vi é nessuna necessità di dar seguito ai capricci di un gruppetto di stati in crisi, per quanto riguarda i rapporti istituzionali.

Per questo il mio auspicio é che il Consiglio federale la smetta di osservare l’intera situazione a breve termine e dimostri lungimiranza. Siamo un partner di vitale importanza dell’Europa unita, il volume di scambi economici hanno raggiunto nel 2011 i 262 miliardi di Franchi svizzeri, e a molti Stati membri l’idea di inficiare questi proficui rapporti non piace molto. È su questo che il nostro Governo deve far leva per uscire dall’impasse e per correggere il tiro della via bilaterale, senza concedere ulteriori brandelli della nostra indipendenza. Non é un segreto, infatti, che la famigerata clausola “ghigliottina” non sia automatica ma necessiti dell’uninanimità del Consiglio europeo per scattare, e dubito fortemente che vi possa essere unanimità a Bruxelles nel decidere di tranciare di netto vantaggiosi rapporti economici che legano il nostro paese a loro. In fondo, anche se può sembrare riduttivo, tutta la questione la si può vedere come una partita a poker, ed è risaputo che in questo gioco: vince chi sa “bluffare” meglio.

Alain Bühler, presidente Giovani UDC Ticino

Relatore

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  • Premetto: il massimo dell'istituzione che, da liberista, sono disposto, a certe condizioni di "partecipazione" (non di "delega") democratica, a sopportare è il Comune. Figuriamoci un super stato come l'UE. In questo sono d'accordo con Alain Bühler. Ma ci sono alcuni punti di quanto scritto da Alain Bühler che non mi convincono o almeno che penso non riflettano la realtà qual è, bensì quella che si vorrebbe che fosse.

    Come ha scritto acutamente Moreno Bernasconi stamani sul CdT "Gli anni immediatamente successivi al no popolare (allo SEE) furono a tal punto difficili per la nostra economia da suffragare la tesi che il no allo SEE fosse stato un pesante boomerang per il Paese. Quelle difficoltà spinsero invece i politici e gli ambienti economici a rilanciare l'unica via ragionevole che ci rimaneva: la via bilaterale. Bruxelles l'ha accettata (speculando sul fatto che l'obiettivo dell'adesione era ancora d'attualità) e il popolo svizzero anche, a più riprese."

    Quindi la via bilaterale, un'apertura al "libero scambio", che prima ancora che un'opportunità economica è un diritto di LIBERTÀ della persona umana (ognuno ha diritto di scambiare con chicchessia, senza tasse né balzelli di sorta, i frutti del proprio lavoro) fu una NECESSITÀ che, in buona sostanza, equivalse all'accettazione mascherata dello Spazio Economico Europeo, dopo che la bocciatura da parte dal popolo svizzero si era rivelata, dal punto di vista economico, un disastro.

    Si può speculare sul fatto se l'adesione allo SEE (che non era l'adesione alla UE, ma al sistema di libero scambio di merci, capitali e servizi tra i paesi della comunità europea) avrebbe limitato o meno, al contrario dei bilaterali, la sovranità svizzera, ma questa è una questione di lana caprina: la mia impressione è che tra le due opzioni non c'è una differenza sostanziale. Ne è prova la denuncia costante dei bilaterali proprio da parte dell'UDC, o almeno, di parti di essa. Perché altri suoi settori economici si rendono ben conto che non si possono avere la botte piena e la moglie ubriaca.

    L'altro punto sul quale ho qualche dubbio è quando Alain Bühler afferma: "È un dato di fatto che la Svizzera, seppur toccata anch’essa dalla crisi, risulti essere ancora un’isola felice in mezzo alla burrasca europea." Non v'è dubbio che rispetto ad alcuni paesi UE (non tutti per la verità) la Svizzera non abbia ancora raggiunto una crisi così acuta. Ma attribuire questa evidenza alla rinuncia allo SEE mi sembra una forzatura, anche perché, come detto, i bilaterali non sono, nella sostanza, cosa molto diversa.

    Vorrei invece richiamare l'attenzione di Alain su un fatto: il maggior pericolo per la sovranità svizzera dipende, non dai bilaterali, ma dall'interconnessione del sistema finanziario svizzero con quello mondiale. Infatti, con il cambio fisso franco/euro imposto d'ufficio dalla BNS, essa ha realizzato il miracolo di inventare il pane imburrato senza burro, cioè di essere a tutti gli effetti nell'euro senza esserci.

    Se l'UDC capirà, come da tempo l'hanno capito i liberisti, che oggi la vera libertà individuale, e quindi la vera indipendenza di un paese, si gioca sul ritorno a "monete oneste", preferibilmente su base aurea, fuori dall'egida delle banche centrali, che, scavalcando ogni decisione popolare, hanno già realizzato, a insaputa del popolo, l'UNIONE TRUFFALDINA EUROPEA E MONDIALE delle fiat money, allora si potrebbe anche pensare di camminare insieme con i giovani UDC sulla strada della libertà.

    Ma è una strada che esige una lucida visione di come stanno realmente le cose e che non perdona analisi dei fatti più umorali che razionali.

  • Veramente, l’unica soluzione per la Berna federale era l’adesione tout court, anzi hanno imperterritamente denunciato il fatto che prima o poi saremmo dovuti strisciare nuovamente a Bruxelles per mendicare ciò che avevamo a suo tempo rifiutato. Ma effettivamente non è andata così, la via bilaterale (che sia stata una necessità non lo nega nessuno...) ha permesso di negoziare una collaborazione ed un accesso al mercato europeo per settori. Una sostanziale differenza dal punto di vista dell’indipendenza e del mantenimento della nostra sovranità, come lo confermano le continue pressione dell’UE affinché la Svizzera recepisca automaticamente l’aquis europeo e accetti di sottostare al controllo di tribunali europei. Non si tratta affatto di una questione di lana caprina e nemmeno di una forzatura, è un dato di fatto. Ovvio, vi sono altre qualità del “Sonderfall” che ci permettono di stare meglio di altri, ma sarebbe negare l’evidenza dire che non vi sarebbe differenza tra la via bilaterale e l’adesione allo SEE o all'UE.

    Tengo pure a precisare che l’UDC non denuncia costantemente tutti i bilaterali, ma solo quelli che ritiene dannosi per il nostro paese. Schengen, Dublino, Libera circolazione e Libero scambio agricolo tanto per fare degli esempi.

    Per quanto concerne i cambi monetari, vi sono iniziative come quella dell'oro della banca nazionale che confermano che non siamo poi così propensi alle neo-politiche monetarie.

    Nulla di umorale comunque.

    • Sarebbe indubbiamente negare l'evidenza dire che non vi sarebbe differenza tra la via bilaterale e l'adesione all'UE (e infatti non lo dico). Ma tutta questa differenza tra l'adesione allo SEE e la via bilaterale io proprio non riesco, nei fatti, a vederla. Anzi ho proprio l'impressione che ciò che fu fatto uscire dalla porta sia poi rientrato alla grande dalla finestra (se no i topi non ballerebbero, e non ci sarebbe bisogno di riporre di nuovo il problema).

      Io sono un liberoscambista (non nel senso porno per carità!) e quindi a me SEE o bilaterali vanno benissimo, a patto però che ci siano "monete oneste" e non questo marasma monetario, perché se no il gioco non funziona, in quanto c'è chi bara (svalutazioni competitive).

      Ed è qui che cade l'asino, intendo dire è qui che c'è una differenza marcata tra liberisti e UDC: voi pensate che la soluzione sia quella di erigere steccati protezionistici, noi quella di risolvere a monte il problema del monopolio monetario, oggi riassunto nell'INTERNAZIONALE MONETARIA DEI TRUFFONI nella quale anche la BNS sguazza allegramente.

      Mi auguro che nel tempo anche l'UDC dedichi la necessaria attenzione alla causa principale per la quale un diritto di libertà individuale come il libero scambio dei frutti del proprio lavoro non riesce ad affermarsi, evitando di occuparsi solo degli effetti o, peggio ancora, della loro strumentalizzazione.

      L'inziativa di richiamare in patria l'oro della BNS è encomiabile, ma arriva, ahimé, quando i buoi sono già scappati, cioè quando la BNS ha stampato ormai così tanti franchi di carta per farci stare nell'euro senza esserci, che la sostanziale parità franco/oro (che era ancora abbastanza attuale fino al 2000 o giù di lì) è andata definitivamente a farsi friggere. Non mi soffermo sulle inconfessabili ragioni di chi ci disse che una buona metà di quell'oro era "in eccedenza". Ma in eccedenza rispetto a cosa?

      Concludendo: non son tempi per celebrare vittorie di Pirro ma per concentrarsi con lucidità sui problemi che quelle presunte vittorie non hanno affatto evitato e su quelli, ancora più grandi, nei quali siamo immersi, tutti, fino al collo.

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