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Iniziativa anti-burqa – Ghiringhelli incalza – Il testo integrale della sua lettera al Gran Consiglio

Onorando Gran Consiglio dello Stato e Cantone Ticino
RACCOMANDATA

Iniziativa popolare “Vietare la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici e aperti al pubblico”

* * * URGENTE / Imminente decadenza dei termini * * *



Egregio presidente,
gentili ed egregi deputate/i,

a nome del Comitato d’iniziativa dell’iniziativa popolare costituzionale “Vietare la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici e aperti al pubblico”, la cui riuscita è stata pubblicata nel Foglio Ufficiale no. 44 del 3 giugno 2011, mi permetto ricordarvi che l’iniziativa andrà messa in votazione popolare entro il 3 giugno 2013.

Nei giorni scorsi ho scritto al Consiglio di Stato per chiedere lumi sul messaggio del Governo, invitandolo a presentarlo entro la sessione del Gran Consiglio del 17 dicembre 2012. Parrebbe che esso non voglia emettere alcun messaggio sull’iniziativa in epigrafe. Poco importa. È vero che l’art. 89 cpv. 2 Cost./TI prevede un termine di 18 mesi dall’emanazione del messaggio per la votazione in Gran Consiglio, tuttavia l’art. 90 cpv. 3 Cost./TI afferma che :
“La votazione sull’iniziativa per la revisione parziale (ndr. della Costituzione) deve aver luogo in ogni caso al più tardi entro due anni dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale del risultato della domanda.”

Il testo costituzionale – modificato nel 2005 – è chiaro: la valenza è perentoria sia per il “deve aver luogo” sia per “in ogni caso” sia per “al più tardi”. In questo senso la lettura della disposizione è stata avallata pure dall’autorità federale di garanzia. Il Messaggio del Consiglio federale afferma per l’appunto (FF 2006 2621) :
“Anche questa modifica, al pari della precedente, elimina una contraddizione tra due disposizioni della costituzione cantonale sulla durata massima delle deliberazioni del Gran Consiglio in caso di revisione parziale della costituzione cantonale (art. 89 cpv. 2 e art. 90 cpv. 3)”.

A questo punto non bisogna che prendere atto del fatto che manchino si e no – tenuto conto delle ferie natalizie e pasquali nel frattempo – sei mesi alla messa in votazione della stessa.

A tal proposito richiamo l’art. 106 della legge sull’Assemblea federale (LParl; RS 171.10) secondo cui
“Se una decisione concorde delle Camere non è conseguita entro il termine legale, il Consiglio federale indice la votazione popolare.”

Termine legale che pure a livello federale, benché il Parlamento sia bicamerale, è di due anni (art. 104 LParl). In tal caso quindi il Consiglio di Stato deve convocare le Assemblee al più tardi trenta giorni prima del giorno della votazione (art. 18 cpv. 1 lett. a LEDP).

Ho potuto constatare che il Consiglio federale ha fissato un giorno di votazione il 9 giugno 2013 (cfr. http://www.admin.ch/ch/i/pore/va/vab_1_3_3_1.html). Tenuto conto che tale data è a pochi giorni dalla decadenza del termine di cui all’art. 90 cpv. 3 Cost./TI (il termine sarebbe già scaduto, occorre pure dirlo), il Comitato accetta comunque, conscio anche delle difficoltà finanziarie del Cantone,
la data del 9 giugno 2013 per la votazione popolare.

Proprio perché il Cantone soffre di difficoltà finanziarie, atteso che l’iniziativa popolare è costituzionale (con votazione popolare obbligatoria in ogni caso) ed elaborata (senza necessità di elaborare alcun testo) non occorre compiere alcunché e conviene metterla direttamente al vaglio della sanzione popolare senza ulteriori atti intermedi di per sé superflui. Del resto parrebbe che per ragioni che a me sfuggono le autorità non vorrebbero prendere alcuna posizione sull’iniziativa.

Prego quindi il Presidente di mettere all’ordine del giorno della prossima seduta del Gran Consiglio (28 gennaio 2013) il presente petito cosicché l’incarto possa essere evaso al più presto.

Per questi motivi chiedo al Gran Consiglio di decidere senza indugio:

1. L’iniziativa parlamentare dell’iniziativa popolare “Vietare la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici e aperti al pubblico” è dichiarata ricevibile e l’esame parlamentare è dichiarato concluso, senza necessità di rendere alcun messaggio del Consiglio di Stato e alcun rapporto commissionale.

2. L’iniziativa popolare “Vietare la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici e aperti al pubblico” è sottoposta al voto popolare, senza alcun controprogetto.

3. La votazione popolare avrà luogo il giorno di domenica 9 giugno 2013.

4. Il Consiglio di Stato è incaricato dell’esecuzione immediata della presente decisione.

Giorgio Ghiringhelli

Relatore

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    • Ma se soffri cosi tanto di fronte ai barbari occidentalia senza Dio, sorge spontanea una domanda:
      Ma perche non te ne vai in Qatar o Arabia Saudita a goderti tutti i privilegi e le liberta che garantiscono a voi ragazze?

    • In quanto ragazza, puoi stare sola davanti al pc? Hai bisogno di un permesso da parte dei parenti o del tuo imam? Come ti senti ad avere a che fare giornalmente con tecnologia del decadente e senzadio mondo occidentale?

  • (presa da tio)

    Ghiringhelli risponde al presidente della Lega Musulmani: "Meglio islamofobi che islamofili"

    LUGANO - "Meglio islamofobi che islamofili". E' questo il titolo scelto da Giorgio Ghiringhelli, promotore dell'iniziativa antiburqa in Ticino, in risposta alle parole dell'imam Slaheddime Gasmi riportate nell'intervista di Ticinonline pubblicata lunedì scorso.

    Il presidente della Lega Musulmani in Ticino si era rivolto a Ghiringhelli, chiedendogli in sostanza "se si lamenta anche quando i milionari arabi vengono a spendere tanti soldi in compagnia delle mogli che portano il Burqa".

    Ecco, nell'edizione integrale, la lettera di Giorgio Ghiringhelli

    "Non ho difficoltà a riconoscere che il burqa è un problema che attualmente , a parte qualche caso isolato, non esiste in Ticino, ma esiste già in qualche zona della Svizzera (dove secondo le stime del Consiglio federale le donne in burqa sono un centinaio) e soprattutto in diversi Stati europei. Non per nulla in Francia (dove si calcola che le donne in burqa sono 2'000) è stato il Parlamento a decidere di varare una legge che proibisce la dissimulazione del volto in pubblico, e così pure è avvenuto in Belgio. Altre proposte del genere sono state avanzate in Italia ( da una parlamentare di origini marocchine), in Olanda e in Spagna e forse in altri Paesi . Se in vari Paesi europei esiste un problema burqa è inutile farsi illusioni : prima o poi questo problema si estenderà a tutto il Continente, compreso il Ticino. L’iniziativa antiburqa ha dunque uno scopo preventivo, onde evitare di intervenire quando i buoi sono già usciti dalla stalla. E la nostra speranza è che l’esempio del Ticino faccia scuola anche negli altri Cantoni della Svizzera, in modo da tenere alla larga dal nostro Paese una moda tribale che trasforma le donne in prigioni ambulanti e le obbliga ad auto ghettizzarsi.

    Anziché banalizzare il problema dicendo che non esiste e anziché prendersela con chi ha lanciato l’iniziativa, il presidente della lega dei Musulmani in Ticino avrebbe dovuto cogliere l’occasione per distanziarsi dal burqa, che oltre a non avere alcun legame con la religione è un indumento che non consente di vedere in faccia le persone e dunque crea problemi di sicurezza. Comunque posso assicurare al signor Slaheddime che i promotori dell’iniziativa non intendono fare eccezioni per le mogli dei milionari arabi che vengono in Ticino a spendere soldi. Se questi milionari arabi intenderanno ancora venire in Ticino in vacanza dovranno adattarsi alla legge, e quindi o dovranno lasciare a casa le loro mogli in burqa oppure dovranno togliere il “sarcofago” in cui le tengono rinchiuse. Forse non tutti la pensano così, ma noi non siamo disposti a “vendere” certi principi e certi valori per un pugno di dollari.

    Come pure posso assicurare che non ho lanciato questa iniziativa per interessi di tipo elettorale, visto che non siedo in nessun Parlamento comunale o cantonale né ho intenzione di candidarmi in futuro. Anzi, se alla fine del 2010 ho dato le dimissioni dal Consiglio comunale di Losone è stato proprio per avere più tempo da dedicare sia all’iniziativa “antiburqa” (lanciata nella primavera del 2011) e sia in genere alla denuncia dei pericoli della colonizzazione del mondo occidentale da parte dell’Islam politico.

    Sono d’accordo con Slaheddime sul fatto che l’islamofobia esiste. E aggiungo : per fortuna ! Per quel che mi risulta questo termine venne utilizzato inizialmente in Iran, dopo la rivoluzione islamica dell’ayatollah Khomeini (1979) , per indicare quei musulmani che rifiutavano di sottomettersi a tutti i precetti dell’Islam, e in particolare quelle donne che si rifiutavano di indossare il velo islamico ( oggi il chador è obbligatorio in Iran...). Il termine islamofobia venne poi esportato in Occidente per qualificare ogni critica rivolta all’Islam e farla apparire come una forma di razzismo, e in genere gli islamisti usano questo termine per screditare chi esprime critiche e timori verso l’Islam e per invocare nuove leggi contro la blasfemia e libertà di espressione in materia di religioni. La fobia verso l’Islam (che significa “sottomissione”) è invece semplicemente una paura più che legittima verso un’ideologia politica di tipo fascista , totalitarista e razzista che usa una religione per mirare al potere seminando odio, terrore, guerre . Lo stesso Corano in molti suo versetti è un inno alla violenza, specie contro cristiani, ebrei e atei. Magari il signor Slaheddime non legge i giornali e non vede cosa succede nel mondo ovunque arrivi l’Islam ( e non mi riferisco solo ai 20'000 attentati di matrice islamica registrati dopo l’11 settembre 2001 con centinaia di migliaia di morti e feriti). Ma gli occidentali leggono, vedono, si informano e hanno dunque tutte le ragioni per essere islamofobi anziché islamofili. E vedono anche come sono trattate le donne nel mondo islamico , e come sono trattati i cristiani e quei musulmani che vorrebbero cambiare religione.

    Per quanto riguarda un eventuale e ipotetico divieto di indossare anche solo il semplice velo islamico, Slaheddime fa un paragone inopportuno con il velo portato dalle suore. C’è una bella differenza. Le suore fanno parte di una congregazione religiosa e indossano per loro scelta un abito che oltre ad eliminare ogni forma di vanità serve anche a renderle riconoscibili come suore di una determinata congregazione. Nel mondo islamico invece molte donne, anche minorenni, sono obbligate dallo Stato o dalla famiglia o dalla società a indossare il velo . E chi si rifiuta di farlo a volte subisce sfregi, botte o punizioni che servono da esempio per tutte le altre. Il velo è un simbolo imposto dagli uomini sia a scopi di proselitismo (per marcare visivamente l’avanzata dell’Islam e fare nuovi adepti) , sia per sottomettere le donne e sia per distinguere le donne musulmane da quelle non musulmane ( e dunque si potrebbe parlare di una forma di razzismo). Molto illuminante in proposito è il parare del Consiglio europeo della fatwa e la ricerca, presieduta da Youssef al-Qaradawi (esponente dei Fratelli musulmani molto influente in Europa). La Fatwa è un decreto che indica ai credenti ciò che è autorizzato o condannato. Per quanto riguarda l’uso del velo la Fatwa no. 6 emanata dal suddetto Consiglio recita più o meno così : “Noi dobbiamo convincere la donna musulmana che il fatto di coprirsi la testa è un obbligo religioso (...). Dio ha prescritto questa tenuta pudica e questo foulard in modo che la donna musulmana possa essere distinta dalla non musulmana e dalla non praticante. Così, con questa tenuta, ella darà l’immagine di una donna seria e onesta, che non è né una seduttrice né una tentatrice, che non fa torto né con le sue parole né con un movimento qualsiasi del suo corpo, in modo da non suscitare tentazioni fra gli uomini perversi”. E quindi appare evidente che il velo islamico non è un simbolo religioso (fra l’altro in nessun versetto del Corano si legge che le donne devono coprirsi i capelli : si tratta dunque di un’interpretazione fatta dagli uomini) ma è una sorta di espediente per tenere a freno la libido dei maschi".

    http://www.tio.ch/News/Ticino/716816/Ghiringhelli-risponde-al-presidente-della-Lega-Musulmani-Meglio-islamofobi-che-islamofili/

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