“Il 15 marzo di due anni fa cominciava la contestazione contro il regime siriano di Bashar al Assad. Quello che era partito come un nuovo atto della “primavera araba” si è trasformato in una guerra civile che ha già ucciso più di 70mila persone”.
Così scrive sul portale Presseurop.eu il giornalista Gian Paolo Accardo, che prosegue : “Eppure ancora oggi l’Europa non riesce a trovare una posizione comune.
Da maggio 2011 ha imposto un embargo commerciale (che comprende la vendita di armi) e sanzioni contro alcuni esponenti del regime (rafforzate in seguito), ma si tratta comunque di un compromesso al ribasso, e le posizioni dei diversi stati sono ancora molto lontane.
[…] Per ragioni strategiche e diplomatiche, un impegno militare terrestre è escluso. Sul campo intanto la situazione appare bloccata e nessuno dei due schieramenti sembra essere in grado di ottenere una vittoria definitiva, anche se il regime, che continua a ricevere armi dall’Iran e dalla Russia, sa bene che il tempo gioca a suo favore.
In questo contesto, se l’Europa spera che la situazione si evolva in favore dei ribelli – a cui numerosi paesi hanno già riconosciuto l’autorità per governare legittimamente il paese – deve assolutamente modificare i rapporti di forza in favore dei ribelli.
Per farlo, però, deve cancellare l’embargo sulla consegna di armi.
Diversi ammorbidimenti unilaterali dei criteri dell’embargo sono già stati discretamente attuati, ma molti paesi del nord, a cominciare dalla Germania, si sono opposti alla cancellazione completa. Come ricorda Le Monde, il loro timore è che “le armi possano finire in mano a gruppi jihadisti che potrebbero utilizzarle contro minoranze legate al regime e dunque contro gli interessi occidentali nei paesi limitrofi della Siria”.
Londra spera che si possa raggiungere una posizione comune sulla cancellazione, ma Berlino ha riaffermato la sua contrarietà alla fine dell’embargo.”
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