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Crisi in Grecia. Dietro il mea culpa del FMI, il processo alla troika

In un rapporto del 6 giugno, il Fondo monetario internazionale aveva ammesso che il piano di salvataggio della Grecia concesso nel 2010 è stato un fallimento : proiezioni troppo ottimistiche sono state disattese in larga misura, sia per la crescita – di cui si sperava la ripresa già lo scorso anno – sia per la riduzione del debito, che invece dal 2011 non fa che aumentare.

Una constatazione che non giunge nuova ma che evidenzia le relazioni complesse fra il FMI e i partner europei. Secondo il Fondo monetario internazionale, il fallimento è imputabile al funzionamento lacunoso della stessa troika (FMI, UE e BCE).

Da una parte il FMI giudica nel suo rapporto che la coabitazione lo ha obbligato a negoziare dapprima con i paesi della Zona euro (…) e poi con le autorità greche, creando di fatto una considerevole incertezza, alimentata dai dissapori politici in seno alla stessa Zona euro.

Il FMI rimprovera ai suoi partner europei di aver respinto per due anni la massiccia ristrutturazione del debito privato della Grecia, operazione che l’istituto voleva iniziare già nell’estate 2010 e che è stata avviata nella primavera 2012.
L’operazione era stata esclusa dai dirigenti della Zona euro che temevano non sarebbe stata approvata dai parlamenti nazionali, spiega il FMI.
Questo ritardo ha permesso a numerosi creditori privati di scappare dalla Grecia senza subire perdite e di passare il fardello agli Stati, dunque ai contribuenti.
Dal canto suo la Commissione europea spiega che il rapporto del FMI non tiene conto dell’interconnessione fra i paesi della Zona euro.
A suo dire, l’istituzione non si rende conto che se attuata nel 2010 la ristrutturazione del debito greco conteneva il rischio di un contagio sistemico.

Il casus belli è lungi dall’essere risolto. Mentre Atene vuole una nuova ristrutturazione del suo debito, in seno alla troika le opinioni divergono. Il FMI vuole la cancellazione del debito negoziata con i paesi della Zona euro, mentre la Germania, primo contribuente dell’Unione monetaria nei piani di salvataggio, si oppone.

Il FMI ritiene che all’interno della troika i ruoli non erano divisi chiaramente. Un’opinione condivisa dal think tank belga Bruegel. In un rapporto, in maggio, evidenziava come non sia assolutamente chiaro come FMI, UE e BCE si suddividano i compiti.
A suo dire, ognuno contribuisce con quello che sa fare meglio : il FMI spiega il metodo di applicazione del programma, la Commissione europea porta la sua esperienza sulle riforme da svolgere e la BCE fa attenzione alle questioni legate al settore finanziario.
Nel suo rapporto il FMI ritiene che gli europei mancano di esperienza e delle competenze necessarie per condurre a buon fine i programmi di aiuti legati a strette condizioni. Invece l’istituto finanziario da decenni pilota piani di raddrizzamento strutturale.

Il FMI non è comunque privo di pecche. Di recente il capo economista del Fondo, Olivier Blanchard, aveva ammesso un errore nell’elaborazione dei moltiplicatori di bilancio che misurano l’impatto dei programmi di austerità sulla crescita.
Poi ancora in aprile la reputazione del Fondo era stata intaccata, dopo che uno studente aveva trovato diversi errori in alcuni studi econometrici sull’austerità elaborati da due quadri del FMI, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, studi spesso citati dai difensori del rigore di bilancio.

(Fonte : Le Monde.fr)

Redazione

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