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Crisi dei paesi emergenti e guerra monetaria: non è colpa della Federal Reserve

I paesi emergenti ritengono che la banca centrale statunitense, la Federal Reserve, sia all’origine delle loro difficoltà economiche.

Sul quotidiano francese L’Expression, l’opinione di Jean-Joseph Boillot, specialista delle economie emergenti.

I capi di Stato di Brasile, Russia, India, Cina e Africa del Sud si erano trovati prima dell’apertura del G20 di San Pietroburgo. Questi paesi rappresentano oltre un quarto della ricchezza del pianeta e durante l’estate sono diventati fonte d’inquietudine economica maggiore.

Conseguenza del progetto della Federal Reserve di ridurre le iniezioni di liquidità nell’economia, le loro monete non vanno bene.
La rupia indiana ha perso il 25% del suo valore, il real brasiliano il 15%, il rublo ha perso il 10% e la crescita di questi paesi dinamici rallenta.
Gli emergenti rimproverano agli Stati Uniti di non essere coscienti delle ripercussioni della loro politica e di prendere decisioni basate esclusivamente sui loro interessi nazionali.

“Questi paesi – commenta Boillot – vogliono trovare un capro espiatorio, ma la crisi alla quale sono confrontati risulta dalla combinazione di due fattori.
Primo, è indubbio che l’annuncio delle misure della Fed ha scatenato un ribaltamento dei flussi di capitale verso i paesi sviluppati, considerati più sicuri.
Ma il fenomeno mette soprattutto in difficoltà i paesi più fragili, quelli in deficit e con un debito importante : India, Indonesia, Africa del Sud, Turchia e Brasile.
Questi paesi hanno approfittato della liquidità della Federal Reserve per indebitarsi e sostenere la crescita, in un momento in cui l’economia mondiale era in letargo, il che è comprensibile.

In questi tempi di mondializzazione non è normale che la Fed si preoccupi innanzitutto della situazione economica americana. Ma sarebbe toccato al G20 coordinare le politiche monetarie, cosa in cui ha sempre fallito.

Gli Stati Uniti emettono dollari fino a quando ne hanno bisogno, il che fa scendere il valore del dollaro e gli procura un tasso di cambio competitivo.
Siccome il dollaro è la moneta internazionale di riserva, gli americani trovano sempre degli acquirenti. Due anni fa, la Fed ha iniettato miliardi di dollari supplementari nell’economia scatenando una vera e propria guerra monetaria. Il dollaro diventava sottovalutato, mentre le monete dei paesi emergenti si sono sopravalutate. Quest’anno trovano un livello normale.

La Russia riprende l’argomento secondo cui la politica monetaria americana porta squilibrio, il che è vero. Ma gli Stati Uniti non sono il colpevole ideale, in quanto la Cina e la Russia non hanno mai voluto giocare al coordinamento monetario.
Lo yuan è sistematicamente sottovalutato da anni. Si può dire che la guerra monetaria americana è una replica alla guerra cinese.
E’ interessante notare come i fronti dell’eventuale intervento militare in Siria siano gli stessi : Cina e Russia da un lato, Stati Uniti dall’altro. Le tensioni economiche sono direttamente legate alle tensioni diplomatiche.”

Redazione

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