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“Noi imprenditori abbiamo meritato questo?” – di Tito Tettamanti

Per gentile concessione dell’Autore.
Pubblicato su “die Zeit”. Tradotto dal tedesco a cura della Redazione.

Odio il politicamente corretto. Per automatica simmetria amo Tito Tettamanti. Lui non è politicamente corretto, non se lo sogna, non ci prova nemmeno. Ha il coraggio di elogiare apertamente il capitalismo e osa dire ai suoi lettori: guardate che il capitalismo ha reso più ricca e più forte (in un certo senso) la nostra società. Questo bell’articolo contiene un pensiero curioso. Dice TT: stiamo ritornando verso una mentalità medioevale! Ammetterete che è un concetto originale, in un mondo in cui Sua Santità cinguetta su Twitter e il presidente del Consiglio di Stato chatta amabilmente su Facebook con il suo popolo. Leggete bene questo articolo. E commentatelo, se lo desiderate.


Sono continuamente alla ricerca di libri contenenti idee originali. Sino a pochi giorni or sono un simile libro lo avevo sul mio comodino. Si intitola “Dignità borghese: perché l’economia non può spiegare il mondo moderno” ed è stato scritto dall’americana Deirdre N. McCloskey, docente di economia e storia all’Università dell’Illinois.

Con una piacevole verve polemica l’autrice sostiene la tesi che l’economia da sola non è in grado di spiegare il mondo moderno. Deirdre McCloskey riconosce gli indiscutibili meriti del capitalismo, il quale negli ultimi 200 anni ha cambiato la faccia del mondo. Viviamo più a lungo, I nostri figli non muoiono più nei primi mesi di vita, frequentano scuole e università sempre migliori e, se siamo colpiti da una malattia, approfittiamo appieno dei progressi della medicina.

I redditi reali nei paesi capitalisti sono oggi 16 volte più elevati che nell’anno 1800. Se un norvegese doveva vivere allora con 3 dollari al giorno, oggi ne dispone di ben 137. E uno statunitense può permettersi di spenderne 120. Come si è potuto realizzare questo incredibile accrescimento di benessere? Per Deirdre McCloskey il merito non appartiene unicamente a economisti e a ingegneri. Un cambiamento tanto “drammatico” – argomenta la professoressa – dev’essere stato anche di natura sociale. Infatti, se gli imprenditori e i commercianti di prima del 1800 erano stati considerati figure oscure o addirittura dei tagliagole, essi hanno in seguito man mano acquisito riconoscimento e apprezzamento sociale per il loro agire. In altre parole: quando le società ebbero accantonato la loro medioevale paura del rischio, solo allora poterono sviluppare nuove idee.

Quando io finalmente chiusi il libro di McCloskey – poiché avevo finito di leggerlo – pensieri cupi mi colsero. Il mio pensiero corse alla Svizzera d’oggi. Una delle parole più in voga nel nostro Paese è Abzocker. Essere imprenditori in Svizzera, oggi, è divenuto un affare sospetto. Voler guadagnare soldi è considerato socialmente riprovevole. Il nostro atteggiamento verso il rischio assomiglia sempre più a quello dei nostri antenati medioevali.

Una parte sempre maggiore di lavoratori, in questo paese, opera in una forma per così dire “burocratica”. E non penso solo a coloro che lavorano per lo Stato bensì anche a gente che è attiva nei media, in organizzazioni non profit o nelle associazioni. Pigrizia, indecisione incompetente, esecuzione automatica e acritica di prescrizioni possono essere all’interno di simili strutture abbastanza facilmente dissimulate. Raramente sono contrastate e vietate, poiché non si tien conto dei danni che fiacchezza e prudenza pusillanime possono  causare.

E non è finita. Il più grande di tutti i peccati è, all’interno di queste istituzioni, il tentativo di far soldi. Subito scatta l’accusa: avidità! (auri sacra fames, in latino, ndR). E allora si affligge un malcapitato, che vuole soltanto portare un suo prodotto sul mercato, con fastidiose procedure di approvazione. Oppure, ad esempio, il timore che un medicinale possa in alcuni rari casi causare complicanze sgradite impedisce che un numero molto maggiore di pazienti venga curato per tempo. Ebbene sì, gli imprenditori e i commercianti hanno perso il riconoscimento sociale che si erano faticosamente guadagnato nell’ultimo secolo.

La prudenza burocratica oggi si impone al rischio imprenditoriale; puntare al profitto non è più salonfähig (non tocco la bella e spiritosa parola tedesca, nota del trad.), nuove idee sono sostanzialmente sospette. Sto generalizzando, è chiaro. I veri Abzocker e i loro tirapiedi – diciamolo: ben miopi capitalisti – hanno fatto tutto il possibile per suscitare una simile reazione. Ma non si può negare che oggi contro gli imprenditori e gli uomini d’affari soffi un vento gelato.

Quanto sul serio gli svizzeri prendano questo loro nuovo atteggiamento lo potremo verificare dai risultati delle prossime votazioni sull’iniziativa 1:12 e sull’altra che preconizza il salario minimo. Di più: giungeranno al voto anche le iniziative su un’imposta federale sulle eredità e sul cosiddetto “reddito (grillino, nota del trad.) di cittadinanza” per tutti. Vedremo allora se l’alto standard di vita del quale noi oggi godiamo i cittadini vorranno, stupidamente, distruggerlo.

Tito Tettamanti, finanziere

Relatore

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  • Capisco l'avvocato che è alla ricerca di stimoli letterari interessanti. Buon per lui. Comunque il mio vicino di casa, che ha studiato l'argomento, una volta mi disse: "Spesso si ricerca nei libri la risposta che già si conosce!". In altre parole: l'acquisto o la semplice lettura di un libro sono determinati dalla più o meno inconscia ricerca della conferma di quello che già si crede giusto. Cambiamo argomento. Se un potente capitalista come Waren Buffet si è permesso di pronunciare la celebre frase: “C’è una guerra di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe dei ricchi che la gestisce, e la sta pure vincendo” certamente qualcosa avrà voluto dirci. Inoltre, sorprendente e inequivocabile Ben Bernanke, ha spezzato una lancia a favore degli indignados: «Non posso rimproverar loro nulla», ha detto il presidente della Fed. «Lamentano, non senza ragione, che i problemi del settore finanziario hanno portato al caos nel quale ci troviamo e sono scontenti della risposta che viene data a questa confusione». Martedì 4 ottobre 2011. Già archeologia? Poi diciamolo chiaro: il cambiamento del mondo non è prerogativa del “solo” capitalismo. Come ben sappiamo i cambiamenti avvengono per una somma di situazioni sociali, storiche, umane culturali e, appunto, economiche e sindacali, ma anche medico scientifiche. Tutto ciò ha permesso di accrescere per gli abitanti (di una ristretta parte del globo!) la speranza di vita. La crisi di oggi che i capitalisti del klischeewort fanno risalire ai debiti degli Stati è invece, guarda caso, da imputare alle scellerate iniziative “imprenditoriali” di inizio millennio. Certo i benpensanti capitalisti dimenticano spesso (per distrazione) che alla sommità del loro mondo c’è Wall Street, la City, i disastri finanziari, gli hedge funds, i subprime e gli artifìci del libor. Ci sono trilioni di dollari di plusvalore scippati al “pubblico” che servono e serviranno, (in barba ai distratti) al cosiddetto “processo di accumulazione originaria”. Serviranno (sono serviti) a confiscare i soldi delle casse pubbliche per cancellare anche i rottami del welfare rimasto, serviranno per espropriare l’acqua e le terre che verranno privatizzate e recintate. Senza dimenticare la diffusione sempre più evidente dell’inefficienza e della corruzione, la caduta della produttività in certe zone un tempo ricche e creative, la tendenza a privilegiare il profitto-speculativo a scapito di un sano reinvestimento, il degrado delle infrastrutture, lo squallore delle grandi agglomerazioni infestate dal crimine organizzato, il crescere rovinoso e permanente della povertà e delle disparità che sono i pericolosi sviluppi del futuro capitalismo "tecno-nichilista". Welfare-state è ormai diventata un’espressione sconveniente. Bene, allora diciamolo ai giovani nativi che il lavoro non c’è più come prima perché il mercato se ne andato dove il lavoro (mano d’opera) non costa nulla. È andato a cercare la schiavitù. Se nell’89 il comunismo sovietico è stato sconfitto, vent’anni dopo il capitalismo ha ricevuto la fattura: pesantissima. Certo non il capitalismo in quanto tale ma la categoria meno protetta, cioè i lavoratori capitalisti. Il principio è un po’ questo: se non ci si accontenta di guadagni più bassi e non si rinuncia a una consistente parte di diritti, la produzione (cioè il lavoro) si delocalizza va a cercare (e ovviamente trova) dove vi sono braccia pronte a lavorare e a ubbidire a condizioni di massimo profitto. L’occupazione informale. I servitori a tempo. Gli schiavi del neocapitalismo. Differenze col comunismo? Checché se ne dica: poche, anzi pochissime. Per i lavoratori, beninteso.

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