Il Brasile ha messo all’asta il più grande giacimento petrolifero del paese
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Il governo brasiliano ha realizzato la più grande asta per lo sfruttamento dei giacimenti off-shore di petrolio, il consorzio che si è aggiudicato i diritti di sfruttamento per i prossimi 35 anni è formato da: Petrobras (40%), Shell (20%), Total (20%), CNPC (10%) e CNOOC (10%); ciascuna impresa finanzierà il progetto in base alla quota detenuta. Con l’entrata in funzione del giacimento denominato Libra il Brasile diventerà il 7° paese al mondo per produzione di petrolio, solo le riserve stimate sono quasi il doppio di quelle della Norvegia e la produzione giornaliera sorpasserebbe quella della Colombia. I numeri sono impressionanti:
Per il Brasile si è trattato del primo bando che ha utilizzato il cosiddetto production sharing: in questo caso le aziende vincitrici si impegnano a condividere con l’Unione una parte della produzione. Il consorzio vincitore è stato l’unico a fare una proposta e dovrà offrire il 41,65% del petrolio eccedente, ossia quello che avanza una volta scontati i costi di produzione, questa era la percentuale minima che esigeva il bando realizzato dall’Associazione Nazionale del Petrolio e Gas (ANP). Inoltre le imprese dovranno pagare un bonus di R$ 15 miliardi all’atto della firma del contratto. Il governo ha stimato che nei prossimi 35 anni incasserà più di 1 trilione di Reais, così suddiviso: R$ 270 miliardi di royalties, R$ 736 miliardi di production sharing e R$ 15 miliardi di bonus. I proventi incassati dalle royalties ed il 50% della produzione destinata all’Unione saranno rivolti all’educazione (75%) ed alla sanità (25%).
Il governo brasiliano ha considerato un successo essere riuscito a organizzare l’asta, in effetti c’è stata una forte opposizione da parte di alcuni settori della società brasiliana: i sindacati del settore petrolifero hanno indetto uno sciopero e ci sono stati scontri di fronte all’albergo dove si è tenuta l’asta. I detrattori sostengono che il petrolio è stato svenduto agli stranieri ma gli analisti indipendenti hanno dato una valutazione positiva. I dubbi principali riguardavano la capacità della Petrobras di far fronte ad un impegno così oneroso, il bando prevedeva che la società brasiliana doveva entrare in ogni consorzio con almeno il 30%; avendo ottenuto “solo” un 10% in più da quanto previsto non sarà costretta ad accollarsi tutto l’investimento.
In effetti questo è il problema maggiore che dovrà essere risolto nelle prossime aste: la Petrobras non può essere obbligata a partecipare anche nei consorzi nei quali non prende parte, bisognerebbe togliere questa clausola per velocizzare lo sfruttamento del pre-sal e disporre di un maggiore numero di operatori. Anche se il governo non lo ammetterà mai di fatto Libra è stata una vera e propria privatizzazione, era necessario attrarre investitori stranieri e nazionali perché altrimenti la Petrobras non avrebbe avuto le risorse sufficienti per realizzare tutti i progetti.
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