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Urbaniok il grande guru e il costosissimo Carlos – di Gianfranco Soldati

I casi recenti di recidive da parte di delinquenti sessuali tarati,  tutti affidati all’assistenza di turbe di psichiatri e collaboratori più o meno specializzati da una parte, quello di un delinquente comune, “Carlos”, gestito a quanto sembra favorevolmente, ma al costo esorbitante di 29’000 fr. al mese dall’altra, hanno suscitato sdegno e indignazione nell’opinione pubblica. Nella prassi si verifica  da anni che una procedura penale sempre più permissiva e l’incapacità o almeno la riluttanza di addetti ai lavori ad assumere responsabilità si ricorra a perizie psichiatriche per commisurare la decisione penale da prendere.

Normale quindi che si sia formata una specie di casta di esperti psichiatrici forensi che godono oramai, similmente ai magistrati inquirenti e giudicanti, di una completa impunità anche nel caso di evidenti e marchiani errori che costano la vita a persone indifese e innocenti. Esponente di spicco di questa “casta” è diventato il Prof. Frank Urbaniok, cittadino tedesco 50enne, primario del servizio di psichiatria e psicologia cantonale del Canton Zurigo,  oggetto di numerose ed anche durissime critiche da parte di eminenti colleghi su vari aurorevoli organi di stampa (NZZ, Tages-Anzeiger, Weltwoche, per fare degli esempi).

Perizie dell’eminente uomo di scienza, come pure quelle di suoi colleghi o collaboratori generano note di onorari che si situano di regola attorno ai 30’000 fr. per caso. La “Weltwoche” parla di Urbaniok come del “guru” della psichiatria forense in Svizzera, con capacità di influenza (e intromissione?) in gran numero di casi. Per meglio far fronte ai suoi pesanti compiti il guru ha fondato un’azienda a nome Profecta AG, con sede, per evidenti motivi fiscali, nel canton Svitto, ma attiva in tutta la Confederazione e anche all’estero, azienda che ha creato un (efficace, secondo i collaboratori e discepoli) sistema speciale di valutazione del rischio che i detenuti “pericolosi” presentano.

Le voci critiche e le prese di distanza dal “sistema Urbaniok” si sono fatte sempre più numerose e insistenti, ma per il momento il potere di questa casta è ancora lungi dal declino. E nüm a pagum!

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Gli eccessi “terapeutici” nei confronti di delinquenti allo scopo di risocializzarli o anche solo di permetter loro un sereno prosequio di vita hanno negli ultimi tempi suscitato reazioni ampiamente negative nella popolazione. Come negative sono le reazioni quando si viene a sapere che un pensionato AVS residente riceve al massimo 2’340 fr. al mese e poi si legge che, tanto per fare un esempio, i due fratelli uiguri, Arkin e Bahtiyar Mahmut, liberati da Guantanamo 5 anni fa, sono stati  accolti nel Canton Giura dove vivono da allora, sani e senza lavorare, a carico della comunità, con ben 4’000 fr. mensili ciascuno, esentasse, spese dentarie e cassa malati. Niente contro i poveri uiguri, che di angherie disumane ne hanno subite a josa, in patria dai comunisti cinesi, a Guantanamo indovina da chi, con 5 anni di cellula di isolamento senza accuse documentate e senza processo. E bene ha fatto la Svizzera ad accoglierli.

Ma qualcosa nei conti non torna.

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Tra le più notevoli terapie di delinquenti geneticamente tarati ha raggiunto il massimo grado di celebrità la cosiddetta ippoterapia, sicuramente inutile per i delinquenti tarati, ma, voglio ammetterlo, benefica per i maneggi e per gli addetti ai lavori, salvo la povera assistente che accompagna prima il recidivo a comperare il coltello, e poi non arriva viva al maneggio. Quel che abbiamo visto accadere in questo anno disgraziato nel nostro paese suscita in noi un’indignazione tale da indurci al dileggio ed anche al sarcasmo nei confronti della casta degli apprendisti stregoni di cui  ho appena scritto (sia ben chiaro, solo nei riguardi delle terapie di delinquenti GENETICAMENTE tarati che non si vogliono ammettere tali, ma non recuperabili sin che non avremo inventato la “chirugia plastica cromosomica”).

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Che la vicinanza di animali domestici possa avere influenza benefica sullo stato psichico di una persona è cosa nota fin dalla notte dei tempi omerici (lo ricordate il cane oramai cieco che riconosce per primo l’Ulisse di ritorno a Itaca?). Il cavallo è stato il compagno indispensabile di tutte le conquiste e anche della vita normale dell’uomo. Naturale quindi che prima o poi qualcuno, posto di fronte al problema di rieducare e risocializzare delinquenti particolarmente brutali e pericolosi, pensasse a lui per un aiuto nel compito di placare gli impulsi patologici che si scatenano, sempre in modo imprevedibile, nella psiche profonda di detti individui. La scelta fu, credo, inadeguata, perché il cavallo è un animale splendido ma di una forza che potrei definire “violenta” nelle sue manifestazioni. Basta aver visto una volta un cavallo imbizzarito in fuga oppure uno stallone in presenza della compagna in calore per rendersene conto.

Avessero chiesto a me, ai colleghi psichiatri forensi avrei proposto un animale dotato di altrettanta capacità “sedativa”, ma molto, molto più mite e mansueto, e ancora meno costoso: il semplice, quasi banale asinello, detto anche somaro o, con parlare più alto onagro: ne sarebbe allora nata l’”onagroterapia”. Del resto, 2013 anni fa, verso la fine di dicembre, a fianco della culla del nascituro, per creare l’indispensabile atmosfera di pace e serenità furono posti un bue  (il trattamento da lui subito rende mansueti tutti i mammiferi di sesso maschile) e, guarda caso, proprio un asinello.

Sperimentata a sufficienza l’onagroterapia sarebbe poi spettato agli psichiatri forensi della scuola di Frank Urbaniok decidere se tentare il passaggio al mulo, anzi dapprima al bardotto (incrocio tra asina e cavallo, per ovvi motivi di stazza) e poi al mulo vero e proprio (incrocio di asino con cavalla). In presenza di risultati positivi assodati sarebbe venuto facile l’ulteriore passo verso l’ippoterapia “deg” (di efficacia garantita) attualmente vigente.

Aperta rimane la via alla zebraterapia. Ma qui le cose si complicano, se si tien conto del fatto che la zebra è l’unico mammifero che l’uomo non abbia mai potuto domare. Non riesco ad immaginare quale psichiatra forense, quale giudice e quale accompagnatore terapeutico sarebbe disposto ad assumersi il rischio e la responsabilità di vedere il proprio protetto (il delinquente tarato) preso a calci dalla zebra indomita.

Gianfranco Soldati

Relatore

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