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“Una spina nel fianco di Putin” – di Gianfranco Soldati (Zibaldone 15)

La Russia è colpita da un’ondata di attentati terroristici ad opera di guerriglieri ceceni. Si prevede che gli attacchi si intensificheranno nei pochi giorni che ci separano dall’inizio del 7 febbraio delle Olimpiadi Invernali di Sochi. “Una spina nel fianco di Putin”, stando alle televisioni statali italiane.

Ho parlato di guerriglieri e non di terroristi tout court perché non so da che parte stia la ragione. Farsi esplodere trascinando con sé nella morte decine di vittime innocenti e indifese è sempre e sicuramente terrorismo. Chi commette gli attentati fa però notare che non ci sono altre possibilità di lotta contro oppressori che dispongono di esercito e polizia per imporre la propria volontà ed il proprio predominio ad un popolo che non accetta di venir sottomesso.

Sulla terra ceceni e afgani sono le due popolazioni che più di ogni altra si sono sempre opposte e ancora si oppongono ad ogni tentativo di oppressione da parte anche di grandi potenze militari. Russi ed americani hanno dovuto impararlo a loro spese.

Aleksandr Solgenitsin, 1918-2008, ingegnere, grande scrittore russo e grande oppositore della nomenclatura sovietica, di Stalin in particolare, era un ammiratore dei ceceni. In Cecenia ha vissuto, se ben ricordo, più di due anni, lavorando anche come insegnante non stipendiato per occupare il tempo.

Spiega, in “Arcipelago Gulag”, i motivi della sua ammirazione per quel popolo. Se fai un torto considerato grave ad un ceceno, per il resto della tua vita vivrai nell’ansia e nella paura, perché non sarai mai al riparo da una coltellata che prima o poi arriverà, sicura come la morte. Persino Stalin, un sanguinario despota paranoico che in fatto di deportazioni di intere popolazioni e di assassinii a migliaia non temeva certo confronti (“Un morto è una tragedia, 25’000 morti sono una statistica” ha lasciato detto) non mosse mai un dito contro i ceceni, nonostante il fatto che quella popolazione non abbia mai accettato il dominio sovietico. Li lasciò in pace, liberi in una specie di isola autonoma nell’immensità dell’impero russo. Putin non ha seguito l’esempio di Stalin. Ha sbagliato, e pur disponendo di forze militari e poliziesche soverchianti dovrà pagarne il prezzo.

I commentatori televisivi italiani pensano che il solo mezzo per impedire gli attentati e garantire la sicurezza delle Olimpiadi Invernali sia quello di infiltrare i gruppi di guerriglieri ceceni eversivi. Si illudono. Un agente che infiltra un gruppo di guerriglieri ceceni è una persona che porta a spasso il proprio cadavere.
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Ho citato, qui sopra, Solgenitsin, 1918-2008, premio Nobel 1970 per la letteratura, un grande scrittore di cui ho letto “Arcipelago Gulag”, “Una giornata di Ivan Denisovic” e “Padiglione cancro” e più di una volta. In particolare la sua descrizione della vita nei gulag staliniani è un’opera monumentale e ciclopica, portata avanti con un’acribia incredibile. “Arcipelago Gulag” è un libro, apparso in 3 volumi, di così ostica lettura che ho rinunciato 2 volte a metà strada prima di lasciarmi avvincere da questo capolavoro. Un atto di accusa antistaliniana e antisovietica inesorabile, steso con coraggio non comune e con insuperabile, minuziosa documentazione. Non per nulla Solgenitsin viene accostato a Andrei Sakharov, 1921-1989, premio Nobel 1975 per la Pace, quando si parla di resistenza al sistema comunista sovietico.

Un altro grande cronista dei Gulag è Varlam Shalamov, 1907-1982, che per scontare i 5 anni a cui era stato condannato ha finito con il passarne 16 nella Siberia sud-orientale: un esperienza basilare per il suo attraente e terribile “Racconti della Kolyma”. Gli ultimi 3 anni di vita li trascorse, povero, solo e disperato, in una casa per anziani. Una vita tragica e una fine tragica. Ma in confronto a Solgenitsin è stato e rimane un peso piuma.

Altro destino quello di Michail Sholochov, 1905-1984, anche lui, nel 1965, premio Nobel per la letteratura. Il suo “Placido Don” in 4 volumi, pubblicato quando aveva poco più di 20 anni, è un capolavoro per il realismo e la grandiosità di visione e descrizione del mondo cosacco. Purtroppo alle qualità di scrittore non si accompagnarono doti etiche e caratteriali all’altezza del successo ottenuto. Divenuto membro del Politbureau e poi vice-presidente dell’Associazione degli scrittori russi, si distinse per una servile e vile acrimonia, accompagnata da pesanti angherie, nei confronti degli scrittori che si opponevano al regime. Uno spregevole servitorello del sistema! Mi dispiace, perché “Placido Don” è uno di quei libri che ti impediscono il sonno per farti continuare la lettura fino all’alba.

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Agenzie di Rating, osannate e ognor ben accette quando il responso è favorevole, contestate e vituperate nel caso contrario. Per gli stati dell’EU adesso quasi una regola di vita.

Rating di fine 2013: la nota massima, AAA, nel mondo extraeuropeo è concessa solo a Australia, Canada e Singapore.

In Europa, fuori dall’UE, a Svizzera e Norvegia.

Nell’UE con moneta unica, a Germania, Finlandia e Lussemburgo, ma per i 3 stati con annotazione pessimista: “sotto osservazione”.

Nell’UE, fuori dalla zona euro, a Danimarca e Svezia.

Sono giudizi complessivamente negativi, che tendenzialmente influenzano al rialzo i tassi d’interesse che gli stati troppo indebitati devono pagare ai loro finanziatori. Comprensibili quindi le voci di protesta da parte di governanti confrontati con problemi in pratica insolubili. Per creare la fiducia indispensabile per la ripresa questi governanti proclamano, secondo me sapendo di mentire, che si intravede già la luce in fondo al tunnel. Le agenzie di rating americane, autorevoli perché bacchettano in Europa ma non hanno esitato a farlo anche in casa, non li aiutano certo.

Gianfranco Soldati

Relatore

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