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Opensight magistralmente descrive una sinistra boriosa e perdente

(fdm) Trasformo, facendo uso della mia autorità indiscussa (che rasenta l’onnipotenza) questo post lucidissimo in contributo/articolo. Opensight è uno che la sa lunga, ça va sans dire. E li conosce bene (meglio di me). Ai compagni andrà di traverso, sono spiacente.

Non sono sempre in sintonia con Contarini, (che scrive in modo efficace e si espone) tuttavia il suo articolo dice almeno due cose sulle quali concordo. I socialisti cantonali (restringiamo il campo per brevità): a) incontrano soverchie difficoltà nel saper interpretare il target politico; b) non si curano di riflettere sui perché dei loro insuccessi. Quindi, aggiungo di mio, il popolo vota di pancia, i populisti ingannano le folle, la ricchezza ha i mezzi per sedurre. Eccetera, eccetera. Quindi la loro analisi segue la classica traiettoria infantile, cioè quella di spostare la colpa dei flop elettorali all’esterno. Mai, dico mai, una riflessione sui propri limiti.

Perché? Proprio perché lo status dei socialisti nostrani è uno status di privilegiati. Quindi la difficoltà nel riconoscere i problemi che non sono (più) quelli dei propri disagi. Il socialista doc cantonale è (o è… stato) un funzionario “pubblico”, inserito in ambiti protetti, lontano dalla lotta quotidiana del lavoro precario e dell’instabilità contrattuale. Ha un concetto elitario di democrazia, in stile europeista, vale a dire quello una democrazia poco “demos” piuttosto “kratos” che dev’essere suggerita e calata dall’alto. La democrazia dal “basso” è appunto considerata solo di “pancia”.

Un socialismo rinchiuso in una visione politica meritocratica, nel senso di una forma intellettuale “filtrata” dalle buone maniere, “scelta” nei ranghi del sedicente “universalismo astratto” e che possa assumere una credibilità riconosciuta. L’avversario politico è considerato come colui che non ha capito***. E così all’interno della sinistra i discorsi sono ricorsivi e sterili.

Inoltre -e questo è il grave- (ma è anche il il segnale dimostrativo) non è possibile interloquire con loro “in diretta”  (per esempio un blog non filtrato) come questo. Impossibile varcare i confini del loro “filtro” meritocratico. Per discutere con loro devi usare un codice ideologico esclusivo, “raffinato”, altrimenti non sei ammesso. Quindi un  mondo chiuso e autoreferenziale. Che questo mondo possa capire le ragioni di una sconfitta è troppo chiedere.

opensight

*** Applicherei questa frase anche a una signora dal leggiadro nome petrarchesco, che ho incrociato ieri in via Motta.


Relatore

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  • I socialisti sono lontanissimi dai bisogni dei ticinesi. Ecco perché i ticinesi votano partiti con idee dalla parte della gente. La situazione è molto semplice.

    • Grazie per gli apprezzamenti. Tuttavia aggiungerei che definire l’identità dei militanti che esprimono un voto socialdemocratico, con il problema del sindacalismo, è un’operazione faticosa perché spesso tale rapporto corre su binari paralleli: si potrebbe chiamarlo (il rapporto) con quel (un tempo già) famoso termine di “convergenze parallele”. Il “sindacalismo” è stato messo alle corde dal neoliberismo economico e dalla globalizzazione. Più o meno tutti d’accordo nell’ammetterlo. Non solo Piketty. Quindi i movimenti sindacali si trovano nella condizione di “dover” fare qualcosa per segnare una presenza di per sé già condannata all’oblio. Anche perché “pressati” dai movimenti più o meno populisti in crescita. E lì sta il busillis. Se fai qualcosa per sopravvivere “fallo bene, perdiana!” Scegli i temi e le strategie il più possibile attuabili, realistici e curi il percorso informativo. Ti guardi in giro, stringi delle alleanze. Insomma cerchi di… perdere meno. Ora la domanda è la seguente: tutto questo è stato fatto per l’iniziativa 1:12? Per il salario minimo? Per il (futuro) reddito di cittadinanza? Non si può pretendere che gli “inossidabili” militanti siano sufficienti per colmare il vuoto strategico che si è formato nella scelta dei temi e nel modo con i quali sono stati messi in votazione.

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