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“Il coraggio uno non se lo può dare!” – di Marco Chiesa

Passata la festa, gabbato lo Santo

Nel mondo della pubblicità, quando si è a corto di argomenti, si tirano fuori paffuti bambini dagli occhi azzurri, giovani o star avvenenti e cuccioli di cane, possibilmente Labrador. Quando si parla di risparmi nel settore della sanità, gli avversari adottano la stessa tecnica. Non con bambini, bellezze varie e cucciolotti. In questo caso, si tira fuori dal cilindro il malato che, a causa della riforma proposta da gente senza scrupoli né coscienza, langue abbandonato senza che nessuno si prenda cura delle sue sofferenze.

È questo il film che abbiamo purtroppo visto recentemente, quando l’UDC, in tema di interventi sui sussidi di cassa malati, ha proposto di risparmiare ulteriori otto milioni di franchi non toccando nulla in termini di efficienza, qualità e attenzioni delle cure. Come? Adottando semplicemente un modello che hanno scelto decine di migliaia di famiglie in tutta la Svizzera: quello del medico di famiglia. Chiedo scusa per l’autocitazione, ma io sarei il testimonial. Nel senso che so di cosa parlo. Con questo modello, la mia famiglia riceve tutte, dicasi tutte, le prestazioni, che d’altronde sono obbligatorie, di cui abbiamo bisogno, e paghiamo il 10% in meno rispetto all’assicurazione standard. Ciò significa per il mio bilancio familiare un risparmio di circa 1000 franchi all’anno. Voi li buttereste via? Beninteso, quando abbiamo bisogno, il nostro medico di famiglia ci consiglia e coordina le cure che necessitiamo. E non potrebbe essere altrimenti. Mi chiedo se c’è qualcuno convinto che avrei adottato un modello di scarsa qualità, mettendo in pericolo la salute dei miei figli, solo per risparmiare qualche franco? Se c’è, me lo venga a dire.

Nel 2013, tramite mozione, il gruppo UDC, il Dr. Denti e Sergio Morisoli hanno dunque chiesto di calcolare i sussidi di cassa malati basandosi sui premi del modello del medico di famiglia. Io, infatti, non ho ancora capito perché chi si paga i premi di tasca propria, non possa chiedere la stessa accortezza a coloro che giustamente vengono aiutati. Inoltre, la riforma 2014 è decisamente migliore di quella 2013: si tutelano le fasce più deboli, che non saranno toccate, e si diminuiscono i sussidi a coloro che hanno redditi elevati. Alla faccia di chi, nel 2013, diceva urbi et orbi che la riforma con i tagli lineari era l’unica riforma possibile.

Col modello del medico di famiglia, repetita iuvant, non sono penalizzati i malati cronici, gli anziani, le persone in difficoltà e non vi sono tagli lineari. Lo ha riconosciuto persino il Consiglio di Stato. Cosa si vuole di più? Inoltre, a rendere il tutto ancor più accettabile, anzi, auspicabile, ci viene in aiuto il fatto che la riforma, secondo le nostre intenzioni, entrerebbe in vigore nel 2016, lasciando agli interessati tutto il tempo per informarsi e adeguarsi. La responsabilità individuale non è una parolaccia.

Ma purtroppo siamo già in campagna elettorale e ciò che dovrebbe essere fatto lascia il posto alle logiche elettorali e agli scambi di partito. Spiace notare che Il PLRT, che sembrava volersi smarcare da un certo andazzo, e dopo aver annunciato ovunque le sue nobili intenzioni, sia rientrato mestamente nei ranghi. Insomma, ci abbia ripensato. Non sia mai che facciano un gesto coraggioso. Ma si sa, come diceva Don Abbondio ne “I promessi sposi”: “Se uno il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare”.

Marco Chiesa, granconsigliere, UDC


Relatore

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