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“All’UE diciamo oggi di no, ma non per sempre” – Natalia risponde a Tito

“È possibile che l’Europa cambi in meglio”
“Le isole sono finite, anche se il nostro mare non si chiama UE”

La prima, fulminea, a reagire alla lettera-manifesto di Tito Tettamanti è Natalia Ferrara Micocci, candidata PLR al Consiglio di Stato. Pubblichiamo con piacere il suo breve ma significativo intervento.

 

Diceva Benedetto Croce che la storia non è giustiziera ma giustificatrice. Nella lettera-manifesto, molto interessante, dell’avv. Tito Tettamanti, il motto del filosofo italiano, per l’UE, sembra valere al contrario.

La storia del secondo dopoguerra avrebbe infatti giustiziato, non giustificato, il progetto europeo: l’UE si è trasformata da utopia politica in strumento di potere tecnocratico, da spazio di libertà economica a foresta di regole. E, dal punto di vista svizzero, anche nella negazione della democrazia semidiretta, per noi irrinunciabile. Condivido molte affermazioni di Tettamanti, ma faccio un’osservazione sola, anche per rispettare lo spazio di altri che mi auguro vorranno esprimere la loro opinione su un tema così centrale. La storia, anche quella dell’UE, non è finita. L’Europa come la conosciamo ha pochi decenni, davvero troppo presto per capire cosa diventerà o per considerare stabile il suo volto attuale. Lasciamo che il tempo, le idee, l’economia, la tecnologia, la demografia, la religione e la politica lavorino. Teniamo pragmaticamente aperta la porta della possibilità che l’Europa cambi in meglio. Diciamole quindi oggi tranquillamente di no, ma senza la presunzione che ciò valga necessariamente per sempre. 70 anni fa l’Europa era ridotta in polvere, oggi, con tutti suoi problemi, è uno spazio – di seppure ineguale – benessere e diffusa libertà individuale. 25 anni fa il muro di Berlino veniva abbattuto, oggi è un’attrazione turistica. Fino agli anni ‘70 del secolo scorso, in Svizzera, le donne non votavano, oggi parliamo di quote rosa.

In un mondo in rete, il tempo accelera. Vedremo, dunque, da quei pragmatici confederati che dovremmo sempre essere. Rimaniamo consapevoli di una cosa, tuttavia: in un’economia globale come quella in cui siamo fortemente inseriti, le regole locali e le sovranità nazionali sono sempre più fragili.

Le isole sono finite, anche se il nostro mare non si chiama UE.

Natalia Ferrara Micocci

 

 

Relatore

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  • La posizione della sig.ra Ferrara Micocci è apparentemente inscalfibile.
    Come pure alcuni concetti dell’avv. Tettamanti.
    Confesso, tuttavia, di nutrire delle piccole/grandi riserve in ambedue i casi.
    Colgo l’invito della sig.ra Ferrara Micocci di essere breve.

    Mi sono permesso preventivamente di eseguire un taglia/incolla del testo integrale e evidenziarne in neretto le parti -quantitativamente- pregnanti della lettera aperta dell’avv. Tettamanti. Così come esercizio di misura, di volume, d’impatto. A mio giudizio, la preoccupazione -quantitativamente- evidente nella lettera-manifesto è relativa sopratutto a) libertà d’impresa, b) critica a una burocrazia centralizzata: temi cari all’economia neoliberale. In altre parole il distillato della lettera aperta mi sembra il seguente: la burocrazia maniacale di Bruxelles, “pugnalerebbe alla schiena” la libera concorrenza che è invece lo strumento fondamentale del benessere economico generalizzato.

    In altre parole lo statalismo burocratico europeo (di matrice neosocialista) annullerebbe (in)volontariamente la cosiddetta prassi del trickle-down. Ovvero: se invece di disseminare ostacoli burocratici contro l’imprenditoria, si lasciassero liberi i soggetti (cioè i grandi investitori che trainano lo sviluppo economico), verrebbe a generarsi spontaneamente un meccanismo virtuoso creatore di ricchezza aggiuntiva, in parte ridistribuita per una sorta di «forza di gravità naturale», alla condizione che l’intervento dello Stato non giunga a turbare o inceppare tale meccanismo. Punto.

    Dopo di che, nella disamina in questione, si supporta e si ribadisce il valore teorico e pratico della suindicata teoria giustificandola con un “j’accuse” poderoso contro gli Stati spendaccioni e le caste burocratiche dei tassatori, imputati di: prima incamerare e poi bruciare, i miliardi creati dal “coraggioso” spirito imprenditoriale.

    Se fosse davvero così saremmo tutti neoliberali.

    Ma sappiamo che non è così. Persino il citato Adam Smith aveva previsto un seppur minimo intervento statale a garanzia di una intelligente regolazione delle inevitabili golosità imprenditoriali. Più terra terra, ci basterebbe rivedere due o tre pezzi di Report, per renderci conto dell’utopica pretesa di avere un’imprenditoria sempre e comunque angelica protesa al bene comune. Oppure ri-leggersi “Gli otto peccati capitali” di Lorenz (bastano le “conclusioni”) per capire l’errore originale che sta nella filosofia neocapitalista.

    L’Europa che irrita l’articolista ( mi sembra di percepire) è solo quella sua parte burocratica e censoria che mette in atto quelle due o tre cosette antipatiche nei confronti del grande capitale. Mi sembra, purtroppo, di rilevare un’amnesia totale verso un necessario richiamo alle proprie responsabilità a quell’Europa che accetta le delocalizzazioni verso regimi di schiavitù, che ammette i contratti capestro, che non vede le transazioni opache della malavita organizzata, che fa confusione tra paradisi fiscali veri e/o presunti, insomma verso quell’Europa che fatica a circoscrivere l’illegalità conclamata e incipiente. Ricorderei inoltre che Judt ha scritto un altro libro di spessore che mi permetto di consigliare agli articolisti dal titolo “ Guasto è il mondo”. Prezioso.

    In conclusione per non tediare: il ritratto della burocrazia europea che ci espone l’avv. Tettamanti è totalizzante, sicuramente pennellato con colori fluorescenti; ma tutti sappiamo benissimo che questa è anche una delle realtà ben presenti a Bruxelles. Non è un segreto che la macchina burocratica europea è probabilmente sovradimensionata di uomini e di mezzi. Dietro a questa evidente realtà si rivela purtroppo un’Europa tiepida, sbiadita, direi quasi assente sui temi delle ingiustizie sociali, delle grandi disparità economiche, della gestione migratoria: un’Europa insomma, forte coi deboli e debole con i potenti. E questa Europa non merita il nostro appoggio. Qui, proprio qui, non sarei così ottimista come la sig.ra Ferrara Micocci. Quell’Europa che molti “sognano” non è dietro l’angolo. Qui, proprio qui stanno le mie riserve.

  • firmerei volentieri il commento di "Aidosdike", che non conosco ma con il quale mi complimento vivamente. Con una sola riserva, che riguarda Judt. Ho ricevuto in omaggio da Dadò

  • Il Sig. TETTAMNTI sa sicuramente di cosa parla quandinterviene. Pero` come uomo d'ffari e trppo romantico e non abbastanza pragmatico co e si convienaa un uomo ditale esperienza. Cosi quanxo cede al suo romanticismo, i terviene come un un elefante in una vetrina di cristalli.
    Lo ricordo in un suo articolo-sui dati sottratti alle banche-dove rimpiangeva, uei tempi in cui non era possibile una tale sottrazione:
    Percne' i nomi dei conti cifrati con nomi di fantasia o dell'amante, erano custoditi gelosa ente in un libretto nero dalla segretaria piu` di fiduciama se avessi voluto, avrei potuto anchio rubare dei dati onfidenziali.
    Percio`con un po piu di pragmatismo, farebbe un figurone.....

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