Questo è un post che il mio ex studente (a Lugano 1) Cosimo Filippini ha pubblicato nella mia pagina Facebook. Lo trovo interessante e lo trasformo in un breve articolo, come replica al pezzo di Elisabetta Gianella.
Nel caso della Svizzera la crescita della popolazione su base migratoria è da molti decenni uno dei fattori determinanti del nostro benessere e dei nostri privilegi, non un elemento che li metterebbe in pericolo. Sostenere che non abbiamo avuto benefici costituisce un’opinione non condivisibile, non solo dagli economisti. Se l’autrice scrive, tra le righe, che l’economia elvetica non deve per forza crescere (“pensare meno al PIL”), dovrebbe anche avere l’onestà di spiegare cosa accadrebbe al tessuto produttivo, agli stipendi (degli svizzeri, intendo), al gettito fiscale e alla spesa pubblica (e a molte altre cose) se la crescita diminuisse. Quali sarebbero le conseguenze? Sicuramente molte e molto più percepibili di questa: meno Audi in leasing per i giovani impiegati, perdonate la boutade.
L’introduzione di flussi cozza con i bilaterali? Bene. Ma come agire in via negoziale vista la situazione contingente? Si sente aria di cambiamento in Europa, molto dipenderà dall’esito del voto in Francia e del referendum in Inghilterra, entrambi nel 2017.
Un’ultima nota visto che parliamo di economia. Piuttosto che su due temi avrei preferito votare su una proposta seria e modulata sulla tassazione a forfait (proposta che con mia grande, anzi grandissima delusione la sinistra non ha fatto). Ai super-ricchi stranieri risiedere da noi deve essere conveniente? Allora bisognerebbe avere la logica di massimizzare i benefici per il fisco svizzero. Questo sì un modo intelligente e, se volete, giusto di fare cassa.
Cosimo Filippini
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