Solstizio pagano, Natale cristiano

Il solstizio d’inverno nel vecchio calendario Giuliano cadeva il 25 dicembre e celebrava le nozze della notte più corta con il giorno più lungo. La rinascita del mondo.

Il solstizio d’inverno è un momento di passaggio ciclico considerato nell’antichità magico e drammatico: i giorni diventano sempre più corti e bui, fino ad arrivare alla notte più lunga dell’anno. L’oscurità prende il sopravvento sulla luce, la notte è più lunga del giorno.

Tutta la natura è come sospesa in questa morte simbolica che attende una resurrezione. Morte della luce, morte del sole come divinità fecondante e portatrice di calore, di vita, di benessere. Il sole cede il posto alla tenebra, per poi rinascere come rigenerato. Le giornate dopo il solstizio divengono sempre un po’ più lunghe, e di nuovo il potere del Dio Sole cresce e si manifesta nella sua luce.

E’ una simbologia carica di valenze magiche e propiziatorie centrate sul mito della morte- rinascita. Morte del vecchio per il nuovo, morte del vecchio e usurato Dio Sole per la vitalità del Sole Fanciullo, morte del seme nel grembo della Madre Terra che si apre ad accoglierlo.

In tutte le culture e fin dall’antichità più remota, questo periodo dell’anno veniva celebrato e ritualizzato ed erano grandi fuochi ad illuminare la notte, candele, falò attorno a cui festeggiare per incoraggiare l’avvento della luce, la nuova nascita del giorno ed il sole novello nella sua ascesa. Per celebrare le nozze della notte più corta con il giorno più lungo. La rinascita del mondo.

Anche la tradizione romana del III secolo vantava questa simbologia radicata nel culto della divinità solare, che fioriva e prosperava nella cultura popolare, parallelamente al cristianesimo segreto. L’imperatore Aureliano istituì, per la giornata del solstizio d’inverno, la grande festa del Natalis Solis Invictis (natale del sole invitto), una fantasmagoria di riti, una festa di risonanza e grande partecipazione, non disdegnata neanche dai cristiani.

Fu proprio questa apertura ad allarmare la chiesa. Temeva questi riti più delle persecuzioni, vedendo, nel favore con cui erano accolti e nella diffusione radicata, un motivo di blocco alla diffusione del vangelo. Fare coincidere la notte del Sol invictus con la nascita del Cristo, contando sulla identificazione tra luce solare e luce divina, fu la risposta meditata e vincente.

La nuova celebrazione mantenne una ritualità rigorosa, trasformando le pratiche religiose del solstizio d’inverno per adattarle al Natale di Gesù Cristo, considerato nuovo sole della spiritualità, fonte di luce e di vita. Questo permise alla nuova celebrazione di attecchire sempre più nella tradizione religiosa e di diffondersi velocemente in ogni ambito della cristianità.

Marzia Mazzavillani
da www.tanogabo.it

Relatore

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