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Libera circolazione: è ora di stringere i bulloni – di Amanda Rückert

Tutelarsi in Svizzera e in EuropaLa libera circolazione delle persone, che in Svizzera dobbiamo subirci per aver sciaguratamente approvato gli accordi bilaterali in temi dei quali gli inascoltati lungimiranti (tra cui la Lega dei Ticinesi), che saggiamente si opponevano, avevano già messo in guardia dagli effetti nefasti, sta mettendo in ginocchio l’Europa e di conseguenza anche la Svizzera.

Agli avversari risultava infatti chiaro già nel 2000 che tra gli effetti negativi della libera circolazione vi sarebbe stato primariamente un importante flusso migratorio verso la Svizzera, che avrebbe inasprito la lotta per il posto di lavoro e abbassato il livello dei salari, mentre le misure di accompagnamento non sarebbero stata di alcuna utilità.

Oggi però la crisi economica che dilaga a livello mondiale dimostra come in realtà gli effetti negativi della libera circolazione delle persone siano ben peggiori rispetto a ogni previsione. L’ampiamento della libera circolazione alle deboli economie dell’Europa dell’est, senza aver prima lavorato sul consolidamento dell’Unione europea, ha contribuito poi all’ulteriore aggravamento della situazione.

Fin dall’inizio galoppante è stata la delocalizzazione di importanti aziende in regioni dell’Europa dove si può risparmiare sul costo del lavoro, dei servizi, e sulle imposte, con l’evidente obiettivo di massimizzare i profitti. Al tempo stesso, la libera circolazione ha innescato forti flussi migratori di manodopera a basso costo verso le regioni più ricche d’Europa. In Italia sono arrivati i lavoratori dell’Est che hanno sostituito la manodopera locale; gli italiani si sono spostati verso la Svizzera e verso il Ticino in particolare, e via dicendo…

La logica è quella che si ritrova storicamente nelle grandi migrazioni del passato: da sempre la gente fugge da povertà e carestie verso terre dove spera di trovare una vita migliore. Solo che, rispetto al passato, l’Unione europea ha posto le basi legali per favorire questi fenomeni. La conseguenza a medio/lungo termine sarà un generale impoverimento delle regioni più ricche, non compensato dall’arricchimento di quelle più povere. Gli unici ad arricchirsi saranno gli imprenditori che approfittano delle deregolamentazioni del mercato del lavoro europeo.

Il progressivo allentamento – quando non l’abolizione – delle barriere nazionali ha inoltre favorito la libera circolazione dei criminali, che oggi possono spostarsi tranquillamente in tutta Europa. È vero che la polizia e in generale gli inquirenti possono contare su una maggiore collaborazione internazionale – come dimostra il buon esito delle indagini che hanno portato alla cattura di bande criminali che hanno colpito in Ticino – ma il problema rimane sul piano preventivo. Fino a qualche anno fa difficilmente nel nostro cantone sarebbero potuti arrivare dall’Est europeo bande armate fino ai denti, con lo sfruttamento ed altri fenomeni criminali ad esse legati, perché non sarebbero nemmeno riuscite a varcare i confini italiani o francesi. L’abolizione delle frontiere e gli accordi di Schengen hanno invece globalizzato sul continente nuove forme di criminalità. E oggi si pone un nuovo, gravissimo problema: la circolazione indisturbata di potenziali terroristi, adepti dell’ISIS o di altri gruppi fondamentalisti.

È questo quello che vogliamo? Un’Europa unita artificialmente, senza più nessuna identità nazionale e priva di una reale cultura comune? Un’Europa in cui i confini non hanno più senso e sono soltanto barriere doganali per il controllo delle merci e il prelievo di eventuali dazi? Un’Europa in cui la sicurezza e il mercato del lavoro sono e sempre più saranno in ginocchio?

In Svizzera il popolo ha già votato il 9 febbraio 2014, esprimendo un chiaro segnale: non è questa la libera circolazione che vogliamo. In Europa i movimenti degli scontenti crescono ogni giorno. Forse le nostre autorità federali dovrebbero dare più ascolto alla crescita del malcontento fuori dai nostri confini e non cedere soltanto alle pressioni e ai diktat dell’Eurocrazia, il potere che domina a Bruxelles. Un Governo responsabile e rispettoso dei valori democratici dovrebbe al contrario impegnarsi per metterci al riparo dal disastro che incombe sull’UE, prima che sia troppo tardi.

Amanda Rückert
Deputata lega in Gran Consiglio
Membro del Comitato ASNI

Relatore

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