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Accordo sui frontalieri: Siamo rimasti al palo – di Rocco Cattaneo

Salviamo almeno il nostro artigianato!

Il Partito Liberale Radicale, nel corso di questo quadriennio, ha seguito con molta attenzione l’evoluzione dell’accordo fiscale sui frontalieri. Questo trattato, che risale al 1974, è, a non averne dubbio, penalizzante per il Canton Ticino. Infatti, nel 2014 si è dovuto versare il 38.8% delle imposte all’Italia per un importo complessivo di 60 milioni. Il nostro partito, anche in considerazione dell’aggravarsi progressivo della finanza pubblica cantonale, alla quale in parte avrebbe potuto portare giovamento la riduzione dei ristorni, aveva presentato alla Confederazione un’iniziativa cantonale nell’intento di abrogare questo accordo che era stata accolta quasi all’unanimità dal Gran Consiglio. L’iniziativa è stata per il momento sospesa, non certo ritirata, per non turbare le negoziazioni tra Svizzera e Italia che riguardavano anche la revisione dell’accordo sui frontalieri. Ora che le bocce sono quasi ferme, si può già avere un’idea abbastanza chiara del risultato di queste negoziazioni. Il Ticino dovrebbe guadagnare 5 milioni, i Comuni 4 e la Confederazione 3. Ben poca cosa quindi in rapporto a quanto ci si aspettava con la nostra iniziativa. Ma questo risultato, già di per sè insignificante, potrà probabilmente ancora peggiorare. E questo perché l’Italia chiede che venga abrogata la legge ticinese votata lo scorso anno dal Gran Consiglio che impone i frontalieri con un moltiplicatore comunale del 100% in luogo dell’80%. Molto probabilmente il risultato finale delle trattative con l’Italia sarà il seguente: il Cantone guadagnerà 1 milione, i Comuni ne perderanno 5 e la Confederazione ne guadagnerà 3! Un risultato che se confermato è da considerare quasi disastroso. Ben diversamente quindi da quanto risulta dai ripetuti comunicati del Consiglio di Stato che parlano di un buon successo. A questo punto, io sono convinto che bisogna mantenere, come inserito nel programma di legislatura, la nostra richiesta di abrogare l’accordo del 1974 e non si possa accogliere il progetto di nuovo accordo che potrebbe concludersi addirittura con una perdita complessiva per il Cantone e i Comuni ticinesi.

Un recente comunicato del Consiglio di Stato apre tuttavia la speranza di una soluzione per i padroncini e distaccati. È noto che dal 2007 sulla base del trattato tra Svizzera e EU sulla libera circolazione delle persone i residenti all’estero possono venire a lavorare in Svizzera. Di qui la facoltà per i residenti in Italia di operare nel Canton Ticino sia come indipendenti (padroncini) o come distaccati (dipendenti dei padroncini). La piccola e media industria ticinese è stata messa a dura prova poiché queste nuove forze operative residenti in Italia possono praticare dei prezzi molto più concorrenziali delle nostre aziende. E questo anche perché, molto probabilmente, le forze di lavoro residenti in Italia – in parte almeno – non dichiarano all’amministrazione fiscale in Italia i redditi conseguiti in Svizzera. Alcuni anni fa, nell’intento di essere certi dell’imposizione in Italia dei redditi conseguiti in Svizzeri da padroncini e distaccati, venne presentata in Consiglio di Stato la proposta di rendere pubblica la richiesta di chiedere all’autorità federale di trasmettere in modo spontaneo all’Italia tali informazioni riguardanti i redditi dei padroncini e dei distaccati. A mio giudizio, e lo dissi pubblicamente anche allora, il solo fatto di pubblicare questa decisione avrebbe avuto un effetto di prevenzione generale per cui i redditi di queste persone sarebbero stati dichiarati e tassati in Italia, attenuando quindi la pressione concorrenziale nei confronti delle nostre aziende. Il Governo ticinese però non accolse la proposta di scambio spontaneo per cui, anche per questa ragione, l’artigianato ticinese è ancora confrontato ad una concorrenzialità crescente, resa ancor più grave dalla crisi e dalla rinuncia della Banca Nazionale Svizzera di proteggere il cambio franco-euro. Il Governo nei giorni scorsi ha modificato, per fortuna, la propria opinione e chiede alla Confederazione d’inserire nell’accordo sui frontalieri una disposizione che consenta lo scambio spontaneo d’informazioni. Se questo diventasse realtà vi sarebbe un importante beneficio economico per l’artigianato ticinese e una conseguente tutela dei posti di lavoro.

In conclusione, il giudizio sulle conseguenze finanziarie dell’accordo sui frontalieri è negativo e in nessun modo si può parlare di successo. È auspicabile che almeno lo scambio d’informazioni sulle attività svolte in Svizzera da parte di padroncini e distaccati possa diventare realtà a breve.

L’azione del Partito Liberale Radicale riferita alla denuncia dell’accordo sui frontalieri del 1974 e ad un eventuale estensione del nuovo accordo, rimane pertanto riservata. Potremo decidere soltanto al momento in cui conosceremo il testo definitivo.

Rocco Cattaneo, presidente cantonale PLRT

Relatore

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  • "...rinuncia della Banca Nazionale Svizzera di (avrei messo una "a") proteggere il cambio franco-euro ..".
    Cosa doveva fare la BNS? Lasciar marcire il franco

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