La realtà è che questo amico ha ragione: i programmi pre-elettorali sono sempre gli stessi. Qualche partito li condisce (o frulla) meglio di altri, qualcuno meno, ma la sostanza non cambia; la gente, quella che fatica ad arrivare alla fine del mese, è stufa. È stufa di riempire formulari e sentirsi dire ogni quattro anni che «ci vuole meno burocrazia». È stufa di lavorare per quattro soldi e sentirsi dire ogni quattro anni che «ci vogliono più lavoro e più sicurezza sociale». È stufa di vedere aumentare le tasse e sentirsi dire ogni quattro anni che «le tasse devono diminuire». È stufa di assistere all’aumento costante del debito pubblico e di sentirsi dire ogni quattro anni che «sono necessari strumenti più efficaci per il controllo delle finanze pubbliche».
La realtà, triste e imbarazzante, è che la politica non riesce più ad agire in maniera incisiva. Il sistema non lo consente. Non ho ancora molta esperienza, ma l’essere membro del Municipio di Locarno mi ha permesso di toccare con mano le difficoltà alle quali è confrontato chi oggi cerca di realizzare un’idea, buona o cattiva che sia, e mi ha permesso di raggiungere qualche pur minima convinzione. Oggi i politici vendono progetti, come vendessero patate al mercato, ma sanno benissimo che difficilmente riusciranno a realizzarli senza un cambiamento radicale del sistema.
Uno dei principali nodi da sciogliere è il sistema di elezione del Consiglio di Stato. Dobbiamo renderci conto che mentre l’economia corre, la politica è imbrigliata in un sistema che la fa indietreggiare. È tempo di agire, passando a un sistema maggioritario che consenta di governare questo paese e di non perdere intere giornate in Parlamento a parlarsi addosso, l’uno contro l’altro, in una situazione di stallo infinito.
Il secondo problema, non meno importante, è l’attuale gestione dell’apparato amministrativo, che è macchinosa, poco flessibile e non al passo con i tempi. Mi rendo conto che il tema è delicatissimo, ma non possiamo continuare a vivere – o, meglio, a sopravvivere – con un ordinamento dei dipendenti statali che ancora risponde a logiche ottocentesche. A ogni Consigliere di Stato è affidato un compito gravoso, e dovrebbe potersi affidare ad alti funzionari da lui scelti, assumendosi integralmente la responsabilità della loro nomina e operatività. E questi alti funzionari, rispettivamente i direttori, dovrebbero essere in condizione di scegliere in maniera sufficientemente libera i propri subalterni, senza troppi condizionamenti da parte dell’organo politico. Solo così il governante potrà rispondere sino in fondo delle proprie scelte; solo così l’alto funzionario potrà rispondere sino in fondo della responsabilità che gli viene affidata.
Per quanto questi messaggi siano difficili da far passare, sono convinto della necessità di passare a una gestione più dinamica dello Stato, nella quale i singoli settori possano muoversi in maniera sufficientemente libera rispetto all’autorità politica e nella quale il singolo funzionario possa (e debba) lavorare con adeguati margini di indipendenza e una proporzionale responsabilità. Naturalmente, per raggiungere questi obiettivi dovremo abbandonare la vetusta impostazione per cui il Consiglio di Stato nomina tutto e tutti e controlla tutto e tutti, dal dirigente del massimo livello al più piccolo funzionario. Parimenti, occorrerà promuovere nei fatti la meritocrazia all’interno dell’amministrazione pubblica.
Giuseppe Cotti, municipale di Locarno, candidato PPD al Gran Consiglio
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