Tema della serata “Sentire l’Arte – Dipinti Antichi e Tabacco” in una vivace alternanza di brani musicali (Mozart, Boccherini, Paganini, Bach, Bartók, Joplin, Händel-Halvorsen) e letterari (Voltaire, Parini, Dotti, Baruffaldi Molière, Metastasio, Gogol’, Gadda).
Due giovani ma già molto esperti musicisti del nostro Conservatorio, un bravo attore. E la squisita ospitalità di Chiara Naldi. La breve ora è volata e il pensiero è uno solo: “Quando sarà la prossima?”
Le riflessioni della professoressa Giulia Raboni, che ha scelto le letture, costituiscono un dotto testo di notevole interesse. E… abbiamo scattato alcune foto per i nostri lettori. Di seguito: Filippo Falciatore, Ballo in un giardino; Chiara Naldi; Massimiliano Zampetti, attore; Silvia Concas, viola; Nicola Marvulli, violino; Gaspare Traversi, La presa di tabacco; Giuseppe Antonio Pianca, Il fiutatore di tabacco.
L’uso del tabacco, da fiuto in particolare, si diffonde nel Seicento e soprattutto nel Settecento non soltanto come forma di piacere privato, ma anche come rito sociale, tanto che la tabacchiera, lavorata e intarsiata di pietre preziose costituisce un elemento imprescindibile del corredo del “giovin signore”. Lo stesso Voltaire, appena dodicenne, sorpreso dal maestro a giocherellare con la tabacchiera e punito con la sua confisca dedica al suo prezioso oggetto un divertito compianto, mentre nella celebre serata della Notte Giuseppe Parini, satirizzando le imprese tutt’altro che eroiche della decadente e sfaccendata nobiltà dell’epoca, dipinge in eleganti versi neoclassici, tradizionalmente riservati alla esaltazione di ben altre virtù, gli intrattenimenti di una classica festa galante, dove agli spazi dedicati al gioco e alla musica si accompagnano i tavolini che sorreggono le “lucide tabacchiere”, intorno a cui si radunano le “dive” della serata, impegnate nel fiuto del tabacco sotto lo sguardo concupiscente dei giovani convitati. Lo stesso scenario che, stavolta in una festa all’aperto, e senza la lente ironica del poeta lombardo, ci presenta il quadro di Falciatore, dove alla rappresentazione centrale del concerto per pianoforte e violino fanno corredo tante piccole scene secondarie, dal bambino con l’aquilone, alla giovane che improvvisa passi di danza, alla coppia che passeggia, alle giovani che, sedute insieme al cicisbeo, si scambiano la tabacchiera: ingredienti tutti della ritualità mondana e leggera tipica della società settecentesca. Una ritualità celebrata nei versi dell’epoca, prodotti di quella cultura arcadica che interpreta la poesia come ingrediente di socialità su temi quotidiani e alla moda, attraverso una loro continua riproposizione in versi appartenenti al genere conviviale, di registro più sapidamente ironico, come nelle satire di Dotti, che aggiusta al tema della “modica quantità” del tabacco ricevuto in dono l’insegnamento oraziano del carpe diem, più artificialmente ispirato e quasi invasato dall’ebbrezza come nelle ditirambiche di Baruffaldi, a loro volta modulate sugli elogi bacchici di età rinascimentale e barocca.
Non a caso Metastasio, ben conscio della potenziale carica seduttiva che si cela dietro all’uso del tabacco mette in guardia la giovane Clori: non presti orecchio la giovane alle supposte e esaltate virtù del tabacco, né si lasci sedurre dalle forme eleganti entro cui viene offerto, ma si ricordi che fino ad ora il senso dell’olfatto è stato il più tranquillo e incorruttibile dei sensi, e se ora cederà anch’esso, “Ah quanto andran più gli altri sensi erranti, Che furon sempre in mal oprar costanti!”
Ben più realistico e materiale è il soggetto del quadro di Pianca, espressione di una pittura di genere dedicata a soggetti umili, il cui fiutatore esprime nell’espressione goduriosa e nella lenta concentrazione del gesto tutto il piacere sensuale della fiutata. A questo contesto più terragno, ben lontano dalla decantata eleganza che ha aperto il nostro incontro, appartiene anche il tanto più tardo ritratto del don Celeste Ghiringhelli gaddiano, connotato da robusti appetiti di cacciagioni e luganeghe cui ben si confà la vecchia tabacchiera di betulla, lontanissima e popolaresca erede delle eleganti manifatture settecentesche e “onesta matrice d’ogni prurigine e d’ogni nasicchiata delizia”.
Giulia Raboni
Professoressa di Filologia della letteratura italiana
all’Università di Parma
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