L’ “Agorà Europa” ai tempi dell’Expo – di Cristina T. Chiochia

In questi giorni la politica sta abituando l’osservatore comune a condividere e commentare i risultati così detti di “forchetta” sul referendum greco, eppure c’è un posto dove, quasi come in un’oasi fuori dal tempo e dallo spazio, la Grecia rimane quella spettacolare nazione capace di raccogliere, radunare popoli e culture in una piazza principale che diventa cuore della polis “expo”, per condividere sia i sapori che i saperi della salute. Questo posto a Expo è il Cluster bio mediterraneo.

Fino a questa esposizione universale i paesi che non avevano un loro padiglione erano semplicemente raggruppati in spazi condivisi in base alla posizione geografica. Ma il cluster bio-mediterraneo è molto piu’ di questo. Basta avvicinarsi a questa piccola piazzetta, situata tra i padiglioni dei paesi sud-mediterranei, tra cui la italianissima Sicilia, per comprenderne l’unicità e sentirsi in un posto dove stare bene, se non addirittura sentirsi a casa: provare la convivialità vera del cibo in un clima di reciproco rispetto e riconoscimento. Forse è questo il principio che sta alla base della scelta dei padri fondatori dell’Europa, o di qualsiasi democrazia: lo stare bene con gli altri, il non sentire pareti strette tra nazioni differenti, favorendo lo stare bene, tutti uguali, tutti differenti. Come non apprezzarlo?

E così, l’aperitivo organizzato dal padiglione greco qualche tempo  fa non è stato soltanto il provare un tipico cibo greco preparato dal vincitore di Masterchef Italia Spyros Theodoridis, ma è diventato un contenitore dove “nutrire il pianeta” significa anche apprezzare e rispettare tutte quelle società industrializzate che si sono sviluppate lungo il perimetro della costa del Mediterraneo, una piccola frazione del mondo con un enorme significato nella storia dell’umanità: culturale, filofico, artistico e politico.

In questa speciale agorà, insomma, si sta bene. Quasi ci fosse un render grazie per un bene che si riceve con un cibo buono e semplice in un clima di convivialità pura: ecco dunque lo yogurt greco, le grandi e buone amarene, le focaccine calde di forno e un buon bicchierino di ouzo apparire sulla tavola. Un modo di sicuro effetto per far comprendere che la Grecia è abbondanza, non privazione. Anche in tempo di crisi. Da sempre anche a tavola. Perchè la differenza la fanno i commensali. Che non cerca di impoverire. Ne’ vuole impoverirsi.

E sembra fantastico che questo messaggio passi con allegria tra italiani, cinesi, russi, giapponesi in costume tipico, siciliani vestiti quasi da cerimonia con in mano una coppa di buon vino della tricrinia e sloveni incuriositi dal cibo. Questa speciale agorà, questa voglia di stare insieme, questo desiderio di vivere di piaceri semplici ma condivisi, ecco che fanno la differenza. Quasi a ricordare che c’è bisogno di occasioni d’incontro e di scambi culturali, esattamente come nella pratica di vita di noi europei, per conoscersi e comprendersi, non per fare errori inutili presupponendo di essere tutti uguali.

Perchè, come la cultura e il popolo svizzero hanno da sempre dimostrato, è nella bellezza di essere e fare la differenza che una nazione, una comunità progredisce; perchè è dalla differenza che nascono gusti e sapori nuovi, non dall’omologazione. E così, come la cucina greca, da millenni, insegna, la bellezza e il sapore di un piatto sono come una sinfonia per il palato fatta di un carrefour di gusti di varie culture e nazioni. E così, con un po’ di fortuna, anche il solo passare per un anonimo cluster in una esposizione universale riesce a farsi sentire a casa, nell’Europa del sud del Mediterraneo. Il motivo? Chi è lì ha voglia di esserci.

Cristina T. Chiochia

Relatore

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