Crisi economica. John Rubino aspetta l’ultima tempesta

dal portale www.blognews24ore.com

“Ciò che affascina nella crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo, è che vi sono diversi fattori scatenanti. Contrariamente al 2008, quando la carneficina era iniziata con la crisi dei subprimes americani, questa volta si tratta di un insieme di fattori giunti simultaneamente”.

Così si esprime lo scrittore americano esperto di economia John Rubino sul portale Safe Haven.com, e prosegue : “La sciagurata frenesia degli investimenti in Cina ha provocato il crollo delle materie prime, il dollaro sopravvalutato massacra i mercati emergenti (il che ha obbligato la Cina a svalutare), la guerra panislamica peggiora, le azioni sopravvalutate in maniera grossolana sono entrate in una fase di correzione giunta troppo tardi, i sistemi politici dei paesi sviluppati vacillano, l’elettorato si allontana dai partiti storici. Tutto o quasi va a fondo. Per un esempio edificante sull’immigrazione, guardate la tragicomica risposta tedesca alle donne di Colonia, aggredite da gruppi di migranti e a cui è stato rimproverato di non aver saputo tenere le distanze …”

Questa volta è davvero diverso
“Perchè è importante esaminare le cause? Perchè se le precedenti crisi sono state risolte con una dose relativamente semplice di politiche monetarie accomodanti, oggi le minacce non possono essere risolte allo stesso modo. Ad esempio, quando erano emerse le precedenti crisi, i tassi d’interesse erano elevati rispetto agli standard attuali. Questo ha permesso alle banche centrali di soccorrere i mercati riducendo fortemente i tassi. Oggi questi tassi sono quasi nulli e anche negativi. Le conseguenze di una riduzione dei tassi sarebbero incerte, soprattutto per effetti indesiderati come un bank run, che svuoterebbe le banche.…

Dato che dal 2008, nel mondo, il debito è salito di 57,000 miliardi di dollari, è improbabile che una nuova ondata di spese a credito venga accolta con entusiasmo dai mercati delle obbligazioni, dei cambi o dagli imprenditori.

Ecco il celebre grafico del debito di McKinsey :

Politiche monetarie accomodanti non avranno effetto sul disequilibrio tra offerta e domanda che regna nel mercato del petrolio e che continua a aumentare. Nel 2016 ci si può aspettare prezzi del petrolio più bassi, che porteranno a un’ondata di default su migliaia di miliardi di dollari di obbligazioni tossiche, nel settore dell’energia e dei prodotti che ne derivano.

Per quanto riguarda il corso delle azioni, al momento della crisi era crollato a livelli attraenti per gli investitori che si erano ritirati in tempo. Oggi quasi tutti gli indici di borsa mondiali sono alti, il crash necessario sta dunque per arrivare. Quando accadrà, peggiorerà i problemi che già esistono.

La realtà inizia a emergere, si scruta lo schermo del computer riflettendo se vendere o meno, si consulta il terminale Bloomberg per vedere quanto è stato perso, si contattano gli analisti che l’anno scorso avevano convinto ad acquistare azioni Apple o Facebook, ecc.

Prima o poi la diga cederà. Tutti venderanno allo stesso momento e scopriremo sino a che punto i mercati liquidi non esistono più e che i prezzi di ieri erano fantasia. Le uscite di sicurezza si chiuderanno con fragore. Come pochi giorni fa in Cina, quando i mercati sono stati interrotti per un quarto d’ora, tutti saranno bloccati con posizioni create al tempo dell’onnipotenza delle banche centrali, quando le obbligazioni sovrane erano senza rischio e il titolo Amazon stava per raggiungere i 2,000 dollari.”

 

Relatore

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    • Su quello si vota e si discute.
      Su questo invece, né si vota, né si discute.
      Tutt'al più si legge con una certa non chalanche qualche esternazione di qualcuno.
      Ci sarà un brusco risveglio quando i ticinesi si accorgeranno di colpo che ci sono altri tunnel da proteggere. Molto più personali!
      :-)

  • Non mi fermerei alla… nonchalance provocatoria “dicolamiana”. Ebbene sì, tra informazione e propaganda, le differenze sono ormai impercettibili, anche perché l’informazione è da tempo il prodotto finale di un… invisibile processo ideologico. Peccato, perché i «media» hanno (avrebbero) un ruolo essenziale nel gioco democratico, ma ben sappiamo che districarsi tra i «piani mediatici» non è impresa facile. Proprio a causa di una ambigua (probabilmente voluta) mescolanza di generi tra la cosiddetta notizia «seria» e quella d’intrattenimento. Così ben “alimentati” la partecipazione civile e politica dei fruitori-cittadini risulta sempre più soggetta alla quotidiana somministrazione di “liquide” informazioni addomesticate. Inoltre basterebbe immaginarsi i mezzi necessari per produrre informazione per dedurne quanto la «voce» planetaria appartenga ai grandi capitali e ha un diretto rapporto con gli altrettanto imponenti introiti pubblicitari. Quindi si stempera, si plasma, si ridicolizza ogni alito di ragionevole dissidenza. Termini inflazionati quali «indipendente» e «liberale», in realtà nulla dicono. Non ci si può dunque sorprendere se la cosiddetta “democrazia di mercato” risulta essere una “puntuale” definizione intesa a definire il mainstream mediatico contemporaneo che ha verosimilmente sposato scenari unilaterali. Andrebbe riletto il famoso discorso d’addio di John Swinton al New York Times nel 1880, come pure quello “singolare” di David Rockefeller alla Commissione Trilaterale nel giugno 1991. Se non li trovate… fatemi sapere…

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