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Non tutti i debiti sono uguali! Una curiosità: nel Diritto dei Popoli sta un concetto di “odious debt”, debito odioso o anche illegittimo, che sarebbe quello accumulato da governi con scopi che nulla hanno a che fare con il benessere dei loro popoli. Si tratta di un concetto elaborato negli anni ’20 del secolo scorso da un ministro russo, Alexander Nahum Sack, rifugiato a Parigi dopo la rivoluzione dell’ottobre 1917 e divenuto poi professore di diritto alla Sorbona, nell’intento evidente di giustificare il rifiuto del nuovo governo russo di riconoscere i debiti accumulati dagli zar. Vittime dimenticate di quel rifiuto, sia detto tra parentesi, furono anche molti risparmiatori ticinesi, e tra di loro anche un mio nonno paterno.
Una conclusione commentata e condivisa de facto da Joseph Stiglitz, economista e saggista statunitense, premio Nobel 2001 per l’economia, in un soppesato e notevole articolo su “Zeit-Fragen” dello scorso mese di luglio, in cui l’autore arriva addirittura a parlare di “skrupellose Tortur” del popolo greco da parte della Troika. Se lo dice un americano, posso ben pensarlo anche io.
Aggiungo, per la precisione, che il solo errore la cui responsabilità si possa unicamente addossare al governo greco è stata quella di rivolgersi per consulenza alla Goldmann Sachs (grande banca americana) quando si trattò di ottenere l’ammissione all’euro.
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I dirigenti di “Economiesuisse” negli ultimi anni si sono distinti per una difesa così esacerbata degli interessi delle cerchie da loro rappresentate da esporsi al rischio e anche alla realtà della “controproducenza”. Con la nomina dell’ultimo presidente Heinz Karrer e della direttrice Monika Rühl non si può certo dire che la situazione sia migliorata.
A distinguersi in questo campo stanno adesso anche Hans Hess, fegatoso direttore di Swissmem, associazione degli industriali della Meccanica, Electrotecnica e Metallurgia (da cui il MEM della sigla) e Dirk Niepelt, direttore delle “Studiumzentrum Gerzensee” (idillico villaggio a metà strada tra Berna e Thun che evoca per me gioiosi ricordi di gioventù) e professore ordinario di economia a Berna. Gli interessi sono tutti legittimi, ma quando si difendono i propri senza riguardo alcuno per quelli degli altri non ci si deve meravigliare se possano formarsi resistenze.
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Decisamente la più stupida (la Redazione concorda) Considero lo “Swiss award”, nella misura in cui esalta politici o giornalisti, la manifestazione più stupida del paese. Una cerimonia esclusiva e riservata di reciproco incensamento del fior fiore della sciccherìa radico-socialista, che per aumentare il proprio grado di popolarità premia anche campioni come Federer o Wawrinka e “misses e misters” di svariato colore e comprovata avvenenza. A giustificare il mio giudizio basterebbe la nomina di Didier Burkhalter di due anni fa. Adesso è arrivata quella di Bruno Giussani, un “politicamente ipercorretto” nuotatore verso valle nel mainstream ufficiale (i pesci vivi la corrente tendono a rimontarla, a discenderla sono solo le anguille, per andare a riprodursi nei Caraibi) con tendenza a scorribande negli affluenti di sinistra. Bisogna però dargli atto di una carriera che lo ha portato molto lontano se non in alto. Più esattamente al posto, rimunerato in dollari, di direttore di un “serbatoio di pensiero” che sarebbe il più influente del mondo e che si propone di dare concretezza alle più grandi pensate che zampillano nel mondo intero. Eruzioni di umana intelligenza che grazie alla sagacia di Giussani e dei suoi datori di lavoro hanno cambiato in meglio il mondo, come possiamo praticamente verificare ogni giorno ascoltando le notizie. Io Giussani lo ricordo come modesto cronista dell’Eco di Locarno negli anni ’80. Mi definì “verme nel formaggio” della politica ticinese, villanìa che gli ho perdonato da lungo tempo considerandola suo peccato di gioventù.
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Gianfranco Soldati
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