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Jean Arp, il poeta della scultura

 

Arp 2Arp 2Sinuosa e insinuante. Una forma curvilinea traccia i contorni di Idole des lapins, opera di Jean Arp in gesso, esposta a Palazzo Reali. Un unico segno continuo, come un filo da non perdere, unisce pieno e vuoto, esistenza ed essenza.

Si percepisce l’orecchio, il naso e il muso di un coniglio, ma questo non è rappresentato in maniera descrittiva, precisa. È detto in modo quasi astratto, quasi accennato. Come il verso di una poesia che al tempo stesso nasconde e rivela il senso. Jean Arp è infatti scultore, pittore e poeta. Certo, molti suoi contemporanei scrivono poesie, ma nel suo caso le due forme d’arte non si oppongono né svalutano, piuttosto vanno a costituire un’unica iconografia.

ArpArpPubblica le sue prime poesie già nel 1904 e non smette fino alla sua morte. Studia a Strasburgo, a Weimar, a Parigi. Partecipa ai fermenti di Monaco, Parigi, Berlino. Frequenta Kandinskij, Apollinaire e Picasso. Assieme a Hugo Ball e Tristan Tzara fonda il gruppo Dada a Zurigo e poi a Colonia. Percorre tutte le avanguardie del Novecento. Cubismo, dadaismo, surrealismo, astrattismo. Ma non resta legato a nessuno di questi movimenti. Li attraversa e poi li supera, con una indipendenza che rasenta l’anarchia. “Il più astratto dei surrealisti e il più surrealista degli astratti”, come lo definisce la gallerista francese Denise René.

Sperimenta più forme, parla più lingue, frequenta più luoghi. Hans Jean Arp ha il pluralismo insito nelle sue origini. Di madre alsaziana e padre tedesco ha due nomi, che usa a seconda delle circostanze. Nel suo percorso plurale, va alla ricerca di un unico idioma che attraversa i suoi rilievi in legno come i collage, fino ad arrivare alle sculture. È il biomorfismo il suo nuovo vocabolario di forme, un linguaggio che mira dritto all’essenza spirituale della realtà. Quella che solo con l’arte possiamo vedere, abituati come siamo a muoverci tra forme concrete.

“Mentre in lontananza rombava il tuono dell’artiglieria, noi incollavamo, recitavamo, componevamo versi e cantavamo con tutta l’anima. Eravamo alla ricerca di un’arte elementare che pensavamo avrebbe salvato l’umanità dalla furiosa follia di quei tempi. Aspiravamo a un nuovo ordine che potesse ristabilire l’equilibrio fra cielo e inferno”, così Jean Arp che allo scoppio delle due guerre si rifugia in Svizzera, instaurando un legame strettissimo e duraturo con il Ticino. È ad Ascona che giunge nel 1915, lì dove già vivono e operano molti suoi amici artisti, come Otto van Rees e Arthur Segal. Ad Ascona torna ogni estate con la sua prima moglie, Sophie Taeuber, frequentando Hans Richter, Marianne Werefkin, Alexej Jawlensky e Walter Helbig. Ad Ascona conosce Marguerite Hagenbach, grande sostenitrice dell’opera di Jean Arp e Sophie Taeuber. Quando quest’ultima muore, Marguerite aiuta Arp a risollevarsi dal dolore del lutto e tornare alla sua arte. Nel 1959 l’artista acquista il fondo Ronco dei fiori a Locarno-Solduno. Alla città di Locarno, Jean e Marguerite Arp, ormai sposi, donano molte opere con l’obiettivo di porre le basi per fondare un museo di arte moderna. In segno di riconoscenza, ricevono la cittadinanza onoraria.

Una casa, un giardino, un vigneto. La bellezza di Ronco dei fiori diventa per Arp abitazione e atelier, è in questo giardino che trovano posto molte delle sue sculture tardive realizzate a Locarno, tra Ronco dei fiori e l’atelier di Remo Rossi ai “Saleggi”. Oggi è sede della Fondazione Marguerite Arp, che valorizza e diffonde l’opera di Jean Arp e Sophie Taeuber. Con una collezione che conta oltre 1.600 opere, la Fondazione testimonia tutte le fasi di produzione dell’artista. Non solo rilievi e sculture, ma anche una biblioteca con le prime edizioni delle sue opere poetiche, versi inediti e la corrispondenza epistolare tra Jean e Marguerite Arp. Ronco dei fiori non smette di ispirare, artisti di tutto il mondo sono invitati a soggiornarvi gratuitamente. Dall’estate 2014 la Fondazione ha realizzato un grande desiderio dell’artista, quello di creare uno spazio espositivo. Novanta metri quadrati di linee semplici e pareti bianche accolgono oggi le forme organiche elementari di Jean Arp, il poeta. “L’arte è un frutto che cresce nell’uomo, come un frutto su una pianta, o un bambino nel ventre di sua madre”.

Alessandra Erriquez

Relatore

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