Proposta ticinese per il 9 febbraio: un po’ meglio, ma… – UDC Ticino

Al comunicato PLR fa seguito… il comunicato UDC. Lo pubblichiamo per “par condicio” ma facciamo anche qualcosa di più: ne evidenziamo la frase conclusiva, che è sacrosanta: fintanto che la Svizzera continuerà a subordinare le sue decisioni di politica interna all’approvazione dell’UE, l’articolo costituzionale 121a, approvato da popolo e cantoni il 9 febbraio 2014, non vedrà la sua applicazione.

Meglio non si poteva dire.

PS. Il numero di 80.000 – accertato e oggi comunemente accettato – citato nel testo dà la piena misura della capacità di mentire che il Potere ha. Andate a vedere, se avete pazienza, le “assicurazioni” che dava il governo, prima… 

L’UDC Ticino ha preso atto dell’alternativa che il Consigliere di Stato Christian Vitta propone a Berna per un’attuazione compatibile con l’UE dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa accettata da popolo e cantoni il 9 febbraio 2014.

Rispetto al progetto del Consiglio federale, la ricetta ticinese è senz’altro un passo avanti, perché perlomeno prende in considerazione i frontalieri e si orienta sui bisogni dell’economia. Ma essere migliore del progetto del Consiglio federale non è una grande referenza, visto che quanto partorito dal nostro governo nazionale è del tutto inaccettabile. Sarà un’alternativa da discutere alle Camere per rendere “meno peggio” la proposta del Consiglio federale, ma è ben lungi dal risolvere il problema della nostra disoccupazione.

L’obiettivo per il quale l’UDC Ticino fece, a suo tempo, inserire i frontalieri nel progetto di norma costituzionale poi proposto con l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, era quello di ridare un impiego a quei 15 o 16’000 disoccupati (perlomeno quelli qualificati) estromessi dal mercato del lavoro dall’introduzione della libera circolazione delle persone con l’UE. E per far questo non c’è che un modo: la priorità alla manodopera indigena. Una misura che non può scattare, come la clausola di salvaguardia, solo quando si raggiunge un determinato valore-soglia d’immigrazione che, peraltro, anche il progetto ticinese non stabilisce. In altre parole, non possiamo aspettare che il numero di elettricisti stranieri raggiunga – per dire una cifra a caso – le 10’000 unità per dire alle aziende “da adesso in avanti dovete impiegare anche quei 100 (anche questa una cifra arbitraria a mo’ di esempio) elettricisti indigeni che avete finora lasciato a casa”.

Per l’UDC Ticino, la media annuale d’immigrazione netta, che oggi ammonta a circa 80’000 persone, deve essere diminuita drasticamente e ci sembra che nemmeno il modello ticinese raggiunga questo scopo, dato che non prevede i contingenti. E in questo, è altrettanto incostituzionale quanto la proposta del Consiglio federale.

Ricapitolando, possiamo applicare un cerotto qua, un cataplasma là ma, fintanto che la Svizzera continuerà a subordinare le sue decisioni di politica interna all’approvazione dell’UE, l’articolo costituzionale 121a, approvato da popolo e cantoni il 9 febbraio 2014, non vedrà la sua applicazione.

UDC Ticino

Relatore

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