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Panama Papers: una fuga di documenti ben organizzata

Il caso Panama Papers riguarda la fuga di circa 11 milioni di documenti provenienti dalla società panamense Mossack Fonseca e che ha rivelato centinaia di migliaia di casi di evasione fiscale, dagli anni 1970 a oggi. Ancora si ignora chi sia all’origine della fuga di documenti.

Nelle foto: manifestazioni di piazza in Islanda

Da un articolo di Dave Gonigam, pubblicato il 4 aprile sul sito DailyReckoning.com

Tra le personalità coinvolte, vi sono pochi americani o poche personalità di rilievo nella loro sfera d’influenza.

L’americana più conosciuta sinora è Marianna Olszewski. Afferma di essersi arricchita nello sviluppo personale, pubblicando nel 2009 un libro che oggi costa pochi centesimi. Durante il panico economico del 2008, aveva fatto ricorso ai servizi di un anziano britannico, tramite lo studio Mossack Fonseca, per recuperare in maniera anonima 1.8 milioni di dollari depositati in una società offshore. Questa donna è il grosso pesce americano dei Panama Papers. (…)

Sino ad oggi, lo scandalo non ha rivelato molti nomi dell’economia o della politica europea. Sembra dunque che si tratterebbe piuttosto di rinforzare il controllo sui contribuenti lambda. Potremmo essere di fronte a una fuga di documenti organizzata, destinata a rinforzare la repressione finanziaria. Questa repressione, così come fa l’eliminazione dei soldi liquidi, vuole chiudere tutte le vie d’uscita per permettere ai governi di incanalare i risparmi attraverso i tassi negativi.

Jim Rickards pensa che la messa sia già stata celebrata. Nel suo ultimo libro ha scritto : La guerra contro i soldi liquidi è quasi terminata e il governo ha vinto. Ma non è troppo tardi per acquisire oro, che conserva il suo valore e preserva la ricchezza e che non è colpito dalla numerizzazione delle altre forme di moneta.”


Relatore

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  • Riassunto delle puntate precedenti. Tutto iniziò quando la religione dei mercati promise pace e bene a tutti. Sanno raccontarla bene la parabola. Tutti credenti, anche quelli di là, soprattutto quelli; e così nell’ottantanove cade pure il primo muro. Tutti di qua, appassionatamente, nella terra delle opportunità: bollicine, concerti e speranze. Evviva Friedman, evviva la Thatcher e pure Ronald. Deregolamentare. Globalizzare. Ecco... cartolarizzare!

    Keynes in soffitta, per castigo. Senza cena. Basta lacci e laccioli. Meno società più individuo. Tutti liberalizzati: umani e mercati compresi. Meno Stato più mercato. Anzi deStatalizziamoci e buona notte. Ineguaglianze? Ma va là! Solo libertà e responsabilità personali.

    Ed è così che, poco dopo, le «ineccepibili responsabilità personali» sostituiscono bollicine e speranze, con grosse bolle speculative. E con i loro… derivati. Tossici. Fatto sta che le famose responsabilità (poco responsabili anche se individuali) dei “cartolarizzatori deregolamentati” restano irresponsabilmente al verde.

    Per farla breve (in tutti i sensi): le ineccepibili ‹qualità individuali› costringono le neglette ‹esigenze sociali›, a «liberare» le ormai già minime risorse. Liberare i contanti, ovvio. Pena lo sconquasso globale. Almeno così si disse a suo tempo intimando il prelievo forzoso dalle casse pubbliche.

    Certo, ogni spesa imprevista ‹sbilancia› le… esigenze sociali, come pure gli Stati. Anche perché, nel frattempo, quelle individuali (di esigenze) si sono trasferite in paradiso. Fiscale. In religioso silenzio.

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