Appunti

Sì al reddito di base incondizionato – di Claudia Crivelli Barella

Verdi e Rossi hanno intrapreso la loro campagna con grande slancio e gli articoli fioccano. Ticinolive, senza batter ciglio, li pubblica (il che non significa che consideri queste cose sensate).

L’obiezione più ovvia, al limite del banale, a simili “voli pindarici” è la seguente. Questi “2500 per tutti senza contropartita” – se non sono un ingannevole numero scarabocchiato sopra un pezzo di carta – corrispondono, per l’insieme di uno Stato, a una creazione di valore gigantesca. Ma chi produrrebbe tutto ciò? Molti passerebbero il loro tempo a scrivere poesie (non lette da nessuno), non pochi si dedicherebbero allo studio dell’Esperanto; altri diverrebbero “politicamente attivi”, elucubrando le più strampalate teorie. Altri ancora se ne starebbero semplicemente seduti a bere la birra (in sé un’attività lecita e non biasimevole). 

Pensate a un frontaliere (figura di lavoratore che io rispetto, eccome) che si alza alle 5 del mattino per guadagnare, onestamente, 1500 franchi. E io che gli dico: “Puoi averne 2500 non facendo niente!” I miracoli non avvengono solo nella grotta di Lourdes.

* * *

Crivelli BarellaCrivelli BarellaIl 5 giugno avremo l’opportunità di cogliere un’idea che circola nel mondo dai tempi dell’umanesimo rinascimentale e ancor prima, da Tommaso Campanella a Tommaso Moro, da Thomas Paine a Milton Friedman. Un’idea di uguaglianza e fratellanza tra gli esseri umani in grado di far compiere un balzo in avanti al nostro Paese dall’era dell’assistenzialismo a quella della collaborazione e della responsabilità individuale; di creare un nuovo diritto civico che superi la cassa pensioni e l’assicurazione invalidità e che apra la strada ad una società basata sui principi della fratellanza (che non è l’aiuto dal più forte al più debole, ma il riconoscere la forza di ciascun membro di una collettività), del dono, della decrescita e di un modello evoluto di economia, non più predatorio, bensì responsabile. Quest’iniziativa (offrire ad ognuno il minimo indispensabile per la sussistenza economica affinché possa essere un membro attivo della società) ci offre l’occasione per riflettere su una possibile uscita dall’era dell’avere per entrare in una logica fondata sull’essere. Un suo largo consenso (immaginare una sua accettazione, in questo momento politico, è razionalmente impensabile) aumenterebbe la sensibilità sociale, l’attenzione all’altro, il valore del lavoro. Ciò che frena le persone di fronte a quest’idea è la paura del cambiamento, ma il cambiamento, in natura come in politica, è inevitabile; e la resistenza al cambiamento rende ogni processo più doloroso: già ora il nostro sistema di previdenza non è sostenibile sul lungo periodo, e decidere di cambiare paradigma in tempi ancora relativamente stabili offrirebbe un innegabile vantaggio nel permettere a tutti di condurre una vita degna e politicamente attiva. Siamo chiamati a votare un’idea, una grande idea, lontana dai passi di piccolo cabotaggio di una politica sempre in risposta, in reazione affannosa agli stimoli esterni ma priva di una visione sul tipo di società che vogliamo offrire alle prossime generazioni. Citando José Mujica, ex presidente dell’Uruguay: “Non veniamo al mondo per lavorare o per accumulare ricchezza, ma per vivere. E di vita ne abbiamo una sola”. Teniamo con noi Seneca, mentre riflettiamo su questo tema: “Non è povero chi ha poco, ma chi desidera molto”. E con lui Epicuro: “L’uomo che non è contento di poco, non è contento di nulla”: il reddito di base ci porta lontano dalle nostre vite in affanno, a contatto con i grandi temi del vivere.

Claudia Crivelli Barella, granconsigliera per i Verdi

Relatore

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  • Beh, se si scivola nelle caricaturali equazioni secondo cui chi beneficia di un reddito base è automaticamente parificato a un lazzarone, così narrando e per estensione, si potrebbe sostenere che ogni beneficiario di qualsiasi rendita sia un furfante: “Dietro ogni grossa fortuna c'è un crimine” (Balzac). Non sono un fanatico del RdB, ma la reazione di molti ambienti è semplicemente dettata dal fatto che il RdB assottiglia il serbatoio di schiavi disponibili. I famosi "mille cinquecento franchi al mese" (al frontaliere, come a tutti gli altri) citati nella premessa, non sono un salario, ma un avvilente compenso che permette al suo datore di sfruttare uno schiavo e vivere… di rendita.

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