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“Je suis (pas du tout) Adriana (Sartori)” – di Benedetta Galetti

Ticinolive ha chiesto a OL il permesso di ripubblicare il pezzo “Je suis Adriana” e lo farà quanto prima (se del caso)

* * *

Mi riferisco all’articolo di Opinione Liberale che, benché non difenda le scempiaggini profuse dall’esponente leghista (e ci mancherebbe altro) difende però il diritto di sbagliare.

Siamo, spero, tutti d’accordo che ogni essere umano ha il diritto di sbagliare. Effettivamente, sbagliare è umano… sì però, bisogna anche dire che la frase continua. E continua così: perseverare è diabolico. E, a parer mio, la Sartori persevera. Non contenta di quanto detto, ha pensato bene di scusarsi. Scelta più che condivisibile. Ma avete in mente quanto qualcuno dice una cavolata e poi, nel tentativo di uscirne, rincara e, in fin dei conti, peggiora. Ebbene lì ti sorge spontanea una reazione: meglio se avesse taciuto.

Qui poi si tratta di tutto tranne che di un’uscita di cui si possa rivendicare il diritto all’errore. L’errore ha un limite. Perché a un certo punto il diritto all’errore cozza contro dei diritti un po’ più fondamentali. E, sempre riferendomi all’articolo di Opinione liberale, che sia una donna e che per le donne sia più difficile far politica, mi sembra che c’entri ben poco. Vogliamoci un po’ bene. Non sviliamoci, non nascondiamoci dietro un paravento. Ha detto una cavolata più grande di lei. Che sia una donna non c’entra assolutamente nulla. Ed è sacrosanto che ne paghi le conseguenze.

Davanti alle centinaia di persone che perdono la vita perché tanto hanno perso già tutto e rischiano anche l’unica cosa che è loro rimasta, dire all’Adriana che è uno squalo o una balena, mi sembra ancora sopportabile. Davanti allo scempio che vediamo quotidianamente, le parole di sdegno sono più che comprensibili. Il problema forse è un altro. Puntiamo il dito contro la Sartori, per far poi cosa per evitare che tantissime persone finiscano in bocca ai pesci? Il problema dunque non è lo sdegno, ma è che questo sdegno non è portatore d’iniziativa. Come sempre, ci sconvolgiamo, ci arrabbiamo, ma dimentichiamo ancora più in fretta.

Dunque, in fondo, chiediamoci, se non siamo un po’ tutti come lei. Prendiamo quello che può esserci di buono in una bestialità come quella che ha detto. Facciamoci toccare, facciamoci ferire abbastanza da non dimenticare.

Solo così potremmo permetterci di dire l’unica cosa che andrebbe detta in questa storia: Je ne suis PAS DU TOUT  Adriana!

Benedetta Galetti

Relatore

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