Tratto da Opinione Liberale, per gentile concessione
Casi come questo ticinese o quello di Justine Sacco (se vi va andete a googlarvelo) rendono evidenti i meccanismi perversi che stanno accelerando la trasformazione del dibattito pubblico in un deserto. Prima di tutto c’è l’idea tossica che il fatto di provare indignazione costituisca una specie di licenza di uccidere; una sospensione automatica e completa delle regole di convivenza civile, nella quale lasciare affiorare sentimenti normalmente repressi – come la misoginia. Di certo non è un bel momento storico per essere una donna e provare a partecipare a una discussione in rete. La povera Adriana avrà anche condiviso un post abominevole, ma è normale che i controargomenti nel dibattito su Facebook ruotassero attorno al fatto che è vecchia, grassa e una troia (sic)?
Poi ovviamente c’è la spietatezza assoluta del web. Basta un tweet sbagliato e una persona oggi – stando alla vox populi – dovrebbe perdere automaticamente il lavoro, la casa, la famiglia, la libertà e magari una parte del corpo, solitamente intima. Il culmine del paradosso è che questa ferocia è totalmente bipartisan: le parole usate sono sempre le stesse, che sia il GAS a scrivere contro la Lega o che siano i simpatizzanti UDC ad aggredire la Sommaruga. Stiamo costruendo un mondo nel quale è meglio stare zitti, anche perché internet never forgets e c’è perfino chi è riuscito nel capolavoro assoluto di rinfacciare al calciatore Gianluigi Donnarumma (classe ’99!) alcuni post sui social di quando aveva 12 anni.
Quindi Je suis Adriana – perché rivendico, per me e per tutti, il diritto di pensare, dire e talvolta scrivere qualche cazzata (per poi discuterne, cambiare idea e correggermi). Non dobbiamo più lottare solo contro l’idea perversa che la libertà di espressione si trasformi nel permesso di esprimere solo concetti innocui; oggi dobbiamo difenderci anche dalla pretesa – forse involontaria, di certo ben più pericolosa – di chi vorrebbe persone capaci di non sbagliare mai.
John Stuart Milf
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