Arte

Ganzfeld, l’illusione della percezione – quando nulla è quel che sembra

DOSSIER VILLA PANZA 2

Se quello che cercate è perdere la concezione del tempo, dello spazio, di voi stessi, se cercate una nuova concezione dell’arte, una diversa intesa artistica, non più mirata solo sul vostro campo visivo, ma su tutti i vostri sensi, se volete smarrirvi, anche solo per qualche minuto, a Villa Panza vi attende un’opera di Turrel che fa al caso vostro.

Se invece siete fermamente convinti che le vostre percezioni siano stabili e inscindibili dalla realtà, la suddetta opera farà comunque al caso vostro. Sembra creata appositamente per tutti, scettici e curiosi, dubbiosi e fiduciosi.

Con Ganzfeld, che  significa “intero campo”, Turrel (si pronuncia u, come in francese) vuole dimostrare quanto la realtà sia circondata da illusione. L’unica certezza è quella di una perdita, la continua perdita della concezione del tempo e dello spazio, in una parola del senso del limite.

Si firma la liberatoria, poiché è sconsigliato a chi soffre di epilessia e claustrofobia. Per questo credevo di ritrovarmi in un labirinto buio, prima di entrarvi, un po’ come le grotte dei minatori che avevo visto ad Hastings, in Sussex. Invece mi sono trovata immersa in un mondo di luce. Led e pulsante. Si entra scalzi, indossando apposite babbucce plasticate. Si lascia giù tutto, borse e cappotti compresi, è vietato sedersi e toccare alcunché, sempre che sia immaginabile il toccare qualcosa in quel regno di vuoto; consigliato camminare, ma con prudenza: oltre una determinata linea non si può andare, c’è un’altra sala, infatti, con una luce diversa e con un pavimento al di sotto del metro e mezzo.  Un vuoto nel vuoto.   La gente ha paura, glielo si legge negli occhi. eppure v’è in loro una febbrile eccitazione per quell’ignoto di pulsazioni luminose. Si penetra nell’azzurro, si è storditi da una pulsazione continua psichedelica di frantumi di luce, ci si trova immersi in un rosso sepolcrale, quasi un preludio alla nascita, o, meglio, alla rinascita.

Il pavimento è in discesa, il soffitto in salita. Gli angoli sono smussati, a delineare l’indefinitezza della realtà. Non v’è un punto di riferimento, l’illusione sola è definita. Quel che è chiuso è completamente aperto,  con il colore come unica barriera che però, continuamente, cambia, in un ciclo continuo di 28 minuti. Mentre all’interno l’azzurro è reale, fuori l’arancione non è che un riflesso, un’ombra di bilanciamento creata dall’occhio umano. Ancora una volta per delineare la percezione illusoria delle sinapsi. Sembra quasi di sovvenirsi delle parole di Euripide “e chissà che morire non sia vivere, e vivere non sia morire…” 

Tutto è divenire, nulla è stabile, niente è come prima, nessun istante è uguale a se stesso. Provare per credere.

Chantal Fantuzzi

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