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La BSI nelle spire del Fondo malese – I rimproveri di Lombardi alla FINMA – di Costanza Naguib

Lo scorso 24 maggio la piazza finanziaria elvetica è stata scossa da un comunicato della FINMA (l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari), nel quale si informava il pubblico del fatto che la BSI era stata trovata in grave violazione delle disposizioni in materia di riciclaggio di denaro. Tra i provvedimenti adottati dall’autorità si annoverano l’annunciata liquidazione dell’istituto finanziario entro un anno, confisca degli utili illeciti e misure di accertamento delle responsabilità individuali.

Un simile annuncio di misure così radicali potrebbe aver danneggiato non solo il valore del titolo BSI sul mercato, ma anche la reputazione della piazza finanziaria elvetica. Rimane inoltre da verificare se i provvedimenti decisi dalla FINMA siano rispettosi del principio di proporzionalità e della presunzione d’innocenza, due principi ancorati nella Costituzione Federale. Questo è il nucleo dell’interrogazione presentata da Filippo Lombardi e co-firmata da Fabio Abate al Consiglio Federale, allo scopo di ottenere chiarimenti sulle modalità di procedere dell’autorità di sorveglianza.

In primo luogo, i due Consiglieri agli Stati reputano che i diritti procedurali dei dirigenti della BSI non siano stati rispettati; gli interessati non avrebbero infatti avuto la possibilità di essere ascoltati prima che venisse emesso nei loro confronti il divieto di esercizio della professione.  L’annuncio delle presunte gravi violazioni compiute dalla banca, inoltre, è avvenuto a mercati aperti, senza previa consultazione con i vertici dell’istituto finanziario, dunque senza che fosse effettuato alcun tentativo per ridurre il danno economico e d’immagine per la BSI stessa.

Dal testo dell’interrogazione, infatti, si evince che una simile modo di procedere da parte della FINMA sarebbe stato giustificabile, sulla base del principio di proporzionalità, solo se fosse stato necessario per tutelare gli interessi concreti dei clienti della banca, vale a dire in caso di pericolo immediato che i clienti stessi subissero un danno. Secondo Lombardi e Abate, tuttavia, sembra che questo non fosse il caso, in quanto la BSI già da oltre un anno non aveva relazioni d’affari con il fondo malese al centro dello scandalo e già nel gennaio 2015 il consiglio d’amministrazione della banca aveva deciso di sciogliere tale fondo.

Il Consiglio Federale dovrà inoltre rispondere sul perché la FINMA abbia comunicato pubblicamente le proprie misure disciplinari prima che queste ultime passassero in giudicato (come sarebbe richiesto dalla presunzione d’innocenza) e se l’Autorità di vigilanza abbia o meno mandato di prendere decisioni e fare annunci allo scopo di “dare un segnale forte al mercato”, come si legge appunto nel comunicato stampa emesso dalla FINMA.

Costanza Naguib

Relatore

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