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Pistorius – ascesa e caduta

L’atleta sudafricano Oscar Pistorius è stato condannato oggi in appello dalla corte di Pretoria a sei anni di carcere per l’omicidio volontario della fidanzata Reeva Steenkamp, avvenuto nel febbraio 2013. Pistorius dovrà trascorrere in carcere almeno tre anni, dopo di che potrà ottenere la libertà condizionata.

Ha suscitato stupore il fatto che si tratti di una pena molto inferiore rispetto a quella minima prevista da Codice penale; forse nella decisione hanno avuto un certo peso le condizioni dell’imputato, che è stato definito dalla giudice Masipa come un uomo distrutto (“a broken man”), un eroe caduto dalla gloria del successo sportivo alla dura realtà del carcere. Appare dunque assai poco plausibile che Pistorius, se rimesso in libertà, compia un altro delitto, per questo una lunga pena detentiva non è stata ritenuta necessaria.

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Il processo è stato segnato da episodi fortemente drammatici, quali ad esempio pianto dell’atleta in aula, mentre dichiarava di aver sparato perché convinto che un aggressore fosse entrato in casa. Nel corso di un’udienza, inoltre, Pistorius, che non ha i piedi a causa di una malformazione congenita, ha tolto, su richiesta del suo avvocato difensore, le protesi in metallo e ha mostrato ai presenti in aula quanto fosse malfermo e fragile nel muovere qualche passo sui moncherini. La versione dell’accusato, infatti, è sempre stata quella di aver sparato per difendersi da un estraneo e di aver colpito la fidanzata per un tragico errore.

Un’altra, tuttavia, è la versione dei genitori della vittima, che sostengono che la relazione tra Pistorius e Steenkamp era segnata da violenze e litigi; nel corso dell’ultimo di questi, appunto, l’atleta avrebbe perso la testa e sparato a Reeva. Il padre della vittima, Barry Steenkamp, 73 anni, ha infatti testimoniato di essere convinto che l’omocidio si avvenuto in seguito a una lite e che il colpevole deve pagare per il crimine commesso. Questa sentenza lascia dunque alcuni dubbi insoluti e un’opinione pubblica insoddisfattta per la mitezza della pena.


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Costanza Naguib

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