Secondo il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, la mente dietro il fallito colpo di stato di venerdì scorso è Fethullah Gülen, che sarebbe animato da una rivalità di lunga data con il presidente stesso. Ma chi è in realtà Gülen?
Uomo d’affari che vive in un esilio auto-imposto negli Stati Uniti, per la precisione in Pennsylvania, Gülen è però anche il leader di un movimento popolare, chiamato Hizmet. Non è del tutto chiaro quale sia la natura di questo movimento, che per certi versi sembra essere di natura religiosa, mentre per altri sembra focalizzarsi sul business, sulla creazione di scuole e sulla diffusione di pubblicazioni a livello mondiale. I dati mostrano che circa il 10% della popolazione turca supporta Hizmet, un attore della società civile che sembra aver occupato lo spazio lasciato libero tra l’esercito e gli islamisti, le due tradizionali fazioni presenti in Turchia.
In passato, Gülen é stato elogiato da diverse figure di alto livello del governo degli Stati Uniti, quali ad esempio Bill Clinton e James Baker, che hanno elogiato il suo impegno per la pace mondiale. Dal canto suo, il presidente Barak Obama aveva fatto visita alla scuola Pinnacle, ispirata a Gülen e al suo movimento, a Washington e se ne era detto ammirato.
Nelle parole di un avvocato che lavora per il governo turco, Robert Amsterdam, ci sono indicazioni di un coinvolgimento diretto dei cosiddetti Gülenisti, vale a dire i seguaci di Gülen, nei fatti di venerdì sera. Secondo i servizi segreti turchi, infatti, ci sono prove del fatto Gülen stia lavorando a stretto contatto con alcuni membri delle alte gerarchie militari contro il governo eletto democraticamente.
Ad ogni modo, l’Alleanza per i valori condivisi, che rappresenta il ramo statunitense di Hizmet, ha immediatamente negato ogni coinvolgimento nel colpo di stato, definendo l’azione come del tutto irresponsabile e ricordando che il movimento non supporta l’intervento armato.
Tra i valori alla base di Hizmet, infatti, si trovano la difesa della pace e della democrazia, ha dichiarato lo stesso Gülen, motivo per cui il movimento condanna qualsiasi interferenza militare negli affari interni della Turchia.
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