Sincero, trasparente come l’aria, tagliente come un gladio, Catullo ci ha tramandato la più mediatica confessione delle sofferenze d’amore.
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
“Ti odio e ti amo. Chiedi come sia possibile?
Non lo so. Ma lo sento su di me, e sono in croce.”
Un po’ come l’Odiosamata donna alfieriana. Un amore letterario che si rispetti, non è mai pienamente felice. Eppure è realistico, basti pensare a come, contro l’amata Lesbia, vi si scagli più in là, senza risparmiare il turpiloquio.
Per poi tornare a ondeggiare su toni melanconici e nostalgici dell’amore perduto, che a volte ritorna.
Quell’odio et amo, sofferenza erotica e platonica al tempo stesso, non può essere placata.
Già lo sapeva Anacreonte, dal quale Catullo trasse il carme.
Ὲρέω τε δηὖτε κοὐκ ἐρέω,
καὶ μαίνομαι κοὐ μαίνομαι.
“amo e non amo.
Sono pazzo, e non sono pazzo.”
Poiché il dolore porta alla sofferenza e la sofferenza alla pazzia, si sa. C’est l’amour.
Chantal Fantuzzi
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