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“La tempesta nel bicchiere” – Il Genio delle Tasse dice la sua

Con questo articolo il leader socialista cerca di fare un furbesco passo avanti nella direzione auspicata (da lui e da tutti i suoi, e da altri, che “suoi” non dovrebbero mai essere). “Noi spendiamo alla più bella, per la nostra ideologia, per i nostri sogni, per le nostre clientele; poi facciamo il conto e pretendiamo il saldo dall’inerme contribuente”. Se questo non è un incubo, poco ci manca.

Detto questo, non è lecito dimenticare CHI sia all’origine di tale perverso strumento. L’astuto Bertoli, in un certo senso, oggi la segue a ruota, cercando di trarre per il Partito delle Tasse il massimo vantaggio!

* * *

Nel quadro di una riunione di partito (Comitato cantonale) tenutasi settimana scorsa, peraltro aperta alla stampa, mi sono permesso di proporre di valutare una controproposta politica all’annunciato rilancio del freno alla spesa che la destra si appresta a mettere sul tavolo politico.

Una risposta del tutto legittima a chi intende modificare le regole già restrittive inerenti alla disciplina finanziaria votate solo nel maggio 2014, restringendole ancor di più con un sistema di voto popolare automatico sulle spese. Il partito farà tranquillamente le sue valutazioni e se deciderà di andare nel senso indicato si tratterà di proporre ai cittadini una riforma della Costituzione cantonale, come del resto farà la stessa destra, ma ovviamente in senso e con obiettivi opposti.

Siccome l’informazione su questa proposta è stata liberamente interpretata dal Corriere del Ticino, che a torto si è messo a parlare di moltiplicatore d’imposta nelle mani del Governo, mi corre l’obbligo di spiegare che l’idea in realtà conferisce alla politica nel suo assieme (Governo, Gran Consiglio, popolo) il compito di cercare soluzioni che permettano di restare nel quadro definito dal freno ai disavanzi, riducendo delle spese, aumentando le entrate o agendo sui due versanti del bilancio. Solo qualora non si riuscisse a restare nel quadro che Costituzione e legge hanno democraticamente stabilito scatterebbe automaticamente il moltiplicatore cantonale riportando i parametri nel quadro finanziario definito. Che a muovere la leva dell’automatismo sia il Consiglio di Stato è irrilevante, poiché si tratterebbe di un atto dovuto, conseguente al fatto che il confronto politico non ha saputo trovare una soluzione nel quadro dell’ordinario confronto democratico.

Detto a scanso di equivoci che sono convinto che la politica debba assumersi appieno le sue responsabilità, cercando le soluzioni con il consenso più largo possibile prima che scattino meccanismi come quello indicato, non vi è nulla di scandaloso nel prevedere una conseguenza precisa in caso di inadempienza. Semmai è strana la regola attuale, poiché oggi, qualora si sforassero i parametri definiti, non succede nulla. L’attivazione del moltiplicatore cantonale dipende infatti da una decisione libera del Parlamento, per la quale è addirittura necessaria una maggioranza più restrittiva di quella che ci vuole per cambiare o abrogare le leggi. Certamente non vi è nulla di illegale, come ha sostenuto qualcuno, citando a vanvera articoli della Costituzione federale che si limitano a ricordare, e ci mancherebbe altro, che le regole fiscali devono avere una base legale.

Non credo si debba aver paura del confronto politico su temi come questo, che sembrano tecnici ma hanno effetti rilevanti sulle scelte che alla fine ci coinvolgono tutti. Lo dico soprattutto a chi vede la prospettiva del ritocco delle imposte come un tabù intoccabile. Un automatismo come quello sopra indicato ha per effetto di costringere la politica a trovare soluzioni praticabili e consensuali, utilizzando il metodo che per molti anni ha permesso alla Svizzera di creare consenso attorno alle scelte collettive, siano esse di risparmio o di nuova spesa pubblica.

Manuele Bertoli

 

Relatore

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