Economia

I movimenti contraddittori dei mercati dall’elezione di Trump

Da un articolo di John Hathaway (Tocqueville Gold Fund), pubblicato il 29 novembre sul sito King World News.

“I mercati hanno reagito alla vittoria di Trump in diversi modi, che sembrano in contraddizione. I metalli di base e il dollaro vanno bene, (una prospettiva di inflazione) mentre l’oro e il petrolio sono deboli (un segno di deflazione). Un dollaro molto forte è causa di deflazione. Secondo John Lewis di Fiera Capital, il dollaro forte destabilizza i mercati, gli attivi esteri e i paesi emergenti che rimborsano il debito in dollari.

Crollo delle obbligazioni americane a 10 anni

Secondo David Rosenberg di Gluskin Sheff, « non c’è alcuna offerta sul mercato dei Treasuries, il loro grafico assomiglia a quello delle azioni bancarie dell’estate e dell’autunno 2008. Abbiamo assistito mondialmente all’evaporazione di 1’200 miliardi di dollari di valore delle obbligazioni.»

La debolezza delle obbligazioni si basa sulle attese dell’aumento dei deficit e dell’inflazione. I tassi delle obbligazioni più alti sembrano contraddire le attese riguardanti il rialzo delle azioni, soprattutto che la loro valorizzazione ha raggiunto picchi storici, subito dopo la bolla Internet (capitalizzazione della Borsa in percentuale del Pil) :

La sorprendente vittoria di Donald Trump ha generato un frenetico riposizionamento delle diverse classi di attivi.
Traendo conclusioni affrettate, gli investitori pensano di essere stati presi in un gioco di sedie musicali altamente speculativo. Invece, la prevalente saggezza macro sembra piuttosto essere basata sulla certezza che il duo Obama-Clinton avrebbe portato alla rovina, senza considerare la realtà del mondo secondo Trump. Se l’analisi del consenso era davvero un metodo affidabile, come spiegare le enormi perdite in capitale che hanno fatto seguito alla bolla Internet o la crisi del 2008 ? Dalla nostra esperienza, quando i mercati sono certi di un determinato esito, questo significa che bisogna scappare e di corsa.

La Trumpmania ha un effetto contrario sull’oro. Dopo essere salito la sera dell’elezione fino a 1’340 dollari l’oncia, per il timore di una vittoria di Trump, la scoperta, l’indomani, di un Trump “moderato nella sua futura veste di presidente”, una rivelazione del dopo campagna elettorale, ha provocato un crollo intergiornaliero di 70 dollari. Alla fine dela settimana, l’oro aveva chiuso a 1’227 dollari, un calo totale del 8,4 %.

Ancora più incredibile, durante questa inversione di tendenza, volumi record sono stati registrati al COMEX : sono stati scambiati 2 milioni di contratti, il che corrisponde a 2 anni della produzione mondiale delle miniere d’oro. Solo questo fatto evidenzia l’assurda mancanza di connessione tra gli strumenti cartacei sintetici e il vero attivo tangibile che rappresentano.

Durante questo movimento è stata scambiata solo una piccola parte di oro fisico. Se l’ETF o GLD si è liberato di circa 600’000 once nel corso della settimana (17 tonnellate) si è ancora lontani dalle 6’200 tonnellate di oro sintetico di cui ci si è sbarazzati. Secondo noi, la vendita è stata alimentata dagli speculatori in preda al panico, che si sono trovati dalla parte sbagliata del mercato all’indomani della vittoria di Trump e che si sono fatti massacrare dall’opportunismo dei trader commerciali.

Abbiamo osservato in diverse occasioni che transazioni cartacee puramente speculative falsano il prezzo dei beni fisici usati nel mondo reale.
Secondo noi, queste distorsioni, che agiscono come parassiti sui prezzi, sono rese possibili e incoraggiate dalla volontà del Chicago Mercantile Exchange (CME) di promuovere il trading a alta frequenza per un effetto doping sulla redditività.
Queste fluttuazioni vanno oltre. L’andata e ritorno tra euforia e disperazione è durata solo 3 giorni, quando invece l’industria mineraria impiega 2 anni per produrre le 6’000 tonnellate di oro che, per così dire, sono passate di mano in questo breve intervallo.

[…] Se Trump dovesse essere la salvezza che tutti aspettano, il nostro futuro sarà radioso. Ma questo sarà possibile solo se l’amministrazione riesamina davvero i disequilibri creati negli ultimi 45 anni. Il procedimento di pulizia di questi eccessi non avverrà senza infliggere perdite notevoli ai mercati. Anche Ronald Reagan, che contrariamente a Trump aveva ereditato mercati finanziari sottovalutati rispetto agli indicatori odierni, non ha fatto la gioia dei mercati, nei primi due anni del suo mandato, quando l’indice S&P era sceso del 24 %.”

Redazione

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