Dopo il caso Bosia Mirra (l’agire illegale della quale il partito non ha MAI condannato), dopo l’ossesso Ruggero d’Alessandro (funzionario pubblico), ecco che arriva – ed è veramente grossa, incredibile – la velenosa sparata di un alto dirigente cantonale contro il giornalista Marcello Foa, reo di “lesa maestà” nei confronti di Obama.
Chissà perché la Sinistra stravede per Obama (e sullo slancio si sarebbe presa pure la Hillary…). Un perfetto guerrafondaio con tanto di diploma nordico, di “premio Nobel per la Pace”, conferito da un comitato in stato di alterazione etilica. Ma loro lo amano. E salgono sulle barricate per lui. E vengono colti da crisi isteriche.
* * *
Solo che, invece di controargomentare, si è lanciato in un attacco violentissimo e sconclusionato contro la mia persona. Mi ha descritto giornalisticamente come “peggio del peggior Emilio Fede” (!), mi ha trattato da “fuco residuo della cultura del cavaliere chitarrista sulle navi” (!!) e, per la salvezza del Cantone ha dichiarato che “bisogna imparare a eliminare” persone come me (!!!).
Niente male, vero? Ringrazio il direttore del Corriere del Ticino, Fabio Pontiggia, che ha subito preso le mie difese sia su Facebook, sia, questa mattina, sul giornale. E rassicuro subito i lettori: le minacce non vanno prese sul serio. Non credo che questo signore, che peraltro nemmeno conosco personalmente, sia tanto sconsiderato da passare alle vie di fatto.
La sua è un’intemerata, sintomatica di una certa sinistra, che sembra sopravvivere solo, paradossalmente, nella Svizzera Italiana. Una sinistra incapace di ragionare, biliosa, settaria, che ama odiare, gratuitamente e attaccare le persone anziché le idee.
Il paradosso è che il sottoscritto – lo ricordo, sono cittadino svizzero e italiano – beneficia in Italia di una stima che è apolitica e sempre più trasversale: molti intellettuali e molti lettori anche di sinistra mi seguono e mi apprezzano pubblicamente per il coraggio e per l’indipendenza intellettuale delle mie posizioni. Anche in Ticino sono stimato come riconosce, lo stesso Jermini scrivendo che mi “leggono purtroppo in tanti”. Tanti ma non tutti, certo non la sinistra che egli rappresenta, e che mi vede come un Belzebù. Da odiare e, se possibile, da eliminare.
La gravità sta nel fatto che il signor Marco Jermini è direttore del Laboratorio cantonale; dunque è un alto funzionario del Cantone. Il quale, insultando me, infanga soprattutto le Istituzioni e i cittadini del governo, che in alcun modo possono sentirsi rappresentati da chi si arroga il diritto di minacciare un giornalista “colpevole” di guidare il più grande gruppo editoriale della Svizzera Italiana e, soprattutto, di essere scandalosamente libero.
Marcello Foa
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