Primo piano

Un dialettologo giunto da Torino – L’ira della Destra – “Potremmo ridere, se non dovessimo piangere” – di Aris Della Fontana

Ricevo e con piacere pubblico questo articolo, che fa riferimento a una recente polemica sul “dialettologo torinese” (l’interrogazione al Governo dei deputati della Destra è stata largamente pubblicata dai media).

Piangere e ridere si può sempre, e anche sorridere. Fa sorridere ad esempio la qualifica di “membro del Comitato centrale del Partito comunista” con la quale l’autore si firma. Il lettore standard, fatalmente, s’interroga perplesso circa il legame che possa sussistere tra il Partito comunista e il dialetto di Molare (scrivo “Molare” perché in quel minuscolo villaggio della Leventina risiede la mia origine paterna). Io pubblico abbastanza spesso testi (comunicati, articoli) provenienti dal Partito comunista, ciò che invariabilmente scandalizza i miei amici. Sono testi interessanti e ben scritti, ma i miei “contestatori” s’inalberano: “O che sei impazzito? La gente penserà che sia diventato comunista anche tu!” (Il rischio non sembra altissimo…)

Più preoccupante appare la faccenda dei 24 addetti (diffusa dai media e non smentita). Sarà un “effetto Bertoli”? La moltiplicazione dei pani e dei pesci? Qualcuno, prima o poi, m’illuminerà!

* * *

Un giovane ricercatore torinese è stato assunto a tempo parziale dal Centro di dialettologia e di etnografia della Svizzera Italiana. La destra, furiosa, si chiede «come un torinese possa sapere meglio di un ticinese il nostro dialetto»; e con ciò rivendica la precedenza indigena, principio che varrebbe ancor più nel caso di un istituto «il cui compito sarebbe proprio quello di preservare alcune peculiarità del territorio».

Ma la destra è completamente fuori strada.
Anzitutto si dimostra per quello che è: tradizionalista senza tradizione. Essa non conosce il fondamentale contributo italiano, diretto e indiretto, all’opera del «Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana» (VSI) – che nacque per impulso di Carlo Salvioni, ticinese, professore di glottologia a Torino, Pavia e Milano; che beneficiò della partecipazione di Pier Enea Guarneria, professore a Pavia, e soprattutto di Clemente Merlo, professore a Pisa, il quale sostituì lo stesso Salvioni alla direzione dei lavori (1920); che trovò un appoggiò fondamentale a Pisa, dove i materiali raccolti venivano trasportati per poi essere ordinati dagli studenti della locale Università; che, allorquando il materiale fu trasportato da Pisa al Ticino (1936), venne diretta da Silvio Sganzini, faidese, formatosi a Roma e a Firenze; e che poteva contare, tra gli altri, su Gianfranco Contini come membro della commissione filologica.

La destra, poi, sembra non rendersi conto di quanto sia contro-producente e scientificamente insostenibile rinchiudere il dialetto ticinese in Ticino – come se esso non si caratterizzasse anche (e soprattutto) per parentele, contaminazioni, con i dialetti dell’Italia settentrionale, come se non fosse positivo che uno studioso non ticinese se ne occupi.

La destra, nel complesso, mostra di non conoscere il peculiare funzionamento dei centri di ricerca, i quali vivono e prosperano attraverso gli apporti esterni, la collaborazione transnazionale. Esperienze rispetto alle quali il profilo specifico del ricercatore è ovviamente il primo degli elementi che occorre valutare. Nel caso concreto, il giovane torinese si è dimostrato il più meritevole: ha potuto far valere le sue conoscenze in campo onomastico e informatico, nonché ha permesso al Centro di dialettologia di tessere contatti con alcune realtà universitarie. A me pare una motivazione più che sufficiente; e ciò vale specialmente in una fase in cui il benessere nazionale, anziché attraverso slogan roboanti, occorre venga sostenuto attraverso la promozione della qualità, in tutti i settori.

Aris Della Fontana, Direttore di #politicanuova e membro del Comitato Centrale del Partito Comunista (PC)

Relatore

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